venerdì 13 luglio 2018

14. Il desiderio sessuale







Nella sessualità e soprattutto nell’orgasmo, in qualche modo, si dilatano e si frantumano i confini personali, senza che si verifichi alcuna dissociazione. In qualche modo si resta “se stessi” senza essere “solo se stessi”. Nessuna avventura è esaltante e quieta come questa. Nell’esperienza dell’intimità erotica non si “tocca” mai davvero la soggettività di un’altra persona, ma almeno si raggiunge la linea di confine fra due soggettività. Senza questa sorta di trascendenza verso il/la partner, la sessualità è un esercizio molto faticoso di autocontrollo. Tale autocontrollo è attuato sia da chi ha paura di “esagerare”, sia da chi si permette di cercare un piacere circoscritto senza permettersi un coinvolgimento emotivo. Tale autocontrollo si attua solo per paura: per quella paura di “lasciarsi andare” sul piano affettivo sperimentata nell’infanzia e mai superata.
Quando nell’adolescenza lo sviluppo sessuale giunge a maturazione, anche lo sviluppo delle capacità psicologiche si completa. Ciò significa che i ragazzi e le ragazze diventano capaci di far sesso proprio appena sono capaci di capire e di sentire che le altre persone sono persone, cioè sono soggetti e non solo oggetti. Tali capacità fisiche e psicologiche restano spesso inutilizzate semplicemente perché i progetti difensivi infantili permangono e prevalgono sul desiderio di costruire una storia personale realmente soddisfacente. In tutti i casi in cui il desiderio sessuale prescinde da un’apertura alla soggettività dell’oggetto sessuale o in cui è complicato da svalutazioni o illusioni, non costituisce un desiderio razionale e non porta ad un reale appagamento.
Le persone sono uniche e con il lavoro analitico non diventano sicuramente uguali, ma grazie al lavoro “in negativo” che rende superflue le difese, lasciano emergere espressioni personali sempre particolari, ma anche simili a quelle altrettanto uniche di altre persone. Proprio la coerenza profonda fra le differenze individuali consente di delineare un’idea generale della sessualità umana. Ciò può verificarsi con il lavoro analitico, ma non con la psicoterapia, perché ogni progetto “terapeutico” mira a “ristabilire” il normale autocontrollo che è la radice di qualsiasi disturbo psicologico. Il lavoro analitico favorisce l’espressione della sessualità anche se non verte su “problemi sessuali”, perché comunque conduce alla comprensione del modo in cui in generale l’intimità viene cercata o evitata.
Tutto ciò che cercherò di chiarire vale per i maschi e per le femmine, dato che le differenze anatomiche non incidono sul desiderio sessuale, sull’eccitazione e sull’appagamento. E non incidono sulla ricerca e la realizzazione dell’intimità. Le chiusure, i freni e le distorsioni della sessualità sono, negli uomini e nelle donne, di tipo emotivo e dipendono dalla storia personale, non dalla “dotazione anatomica”. In questa prospettiva non occorre “affermare” l’uguaglianza fra i generi su un piano ideologico, perché le capacità emotive e sessuali sono realmente uguali nei due sessi e vengono espresse nella misura in cui le difese psicologiche si riducono. Spesso vengono descritti degli aspetti “specificamente” maschili o femminili che in realtà sono solo “specificamente irrazionali”. Le concezioni reazionarie o “progressiste” della sessualità sono irrazionali perché “fissano” come variabili “di genere” le difese culturalmente prevalenti nei maschi o nelle femmine. Le uniche differenze significative fra i due generi sono quelle anatomiche, che non determinano nulla sul piano dell’empatia e della capacità di godere e di amare.
Di fatto, normalmente, la sessualità convoglia, purtroppo, vissuti “antichi” di bisogno e difese psicologiche (che implicano paura e rabbia) e quindi risulta “appesantita”, distorta, complicata o semplicemente “povera”. Tuttavia, questi fatti non tolgono nulla alle caratteristiche specifiche della sessualità. Il desiderio sessuale non può essere ragionevolmente considerato una delle tante “pulsioni” o “motivazioni” che intervengono nella vita delle persone, perché si colloca al centro dell’esistenza delle persone. Con ciò non intendo sottovalutare le soddisfazioni che si possono ricavare da relazioni affettive non erotiche, dall’impegno sociale, dalla soluzione di un problema intellettuale o dalla scoperta di cose nuove. Tuttavia, nella sessualità l’esperienza del contatto con un altro essere umano si realizza in modo assolutamente unico e con un’intensità non paragonabile a quella di altre esperienze. Quando leggo nei trattati “specialistici” i lunghi elenchi di “pulsioni” o di “motivazioni” in cui la sessualità è collocata al primo o al decimo posto, mi chiedo cosa avessero in mente gli studiosi mentre scrivevano tali opere. Persino la “pulsione di morte” è stata messa in improbabili elenchi di quel tipo ed è stata discussa da persone di cultura.
Cosa fanno, nella loro vita le persone che non provano il desiderio di intimità sessuale? Cosa pensano quando si svegliano la mattina? Pensano ai doveri a cui non riescono a sottrarsi, pensano alle ingiustizie di cui si sentono vittime, pensano ai loro “bisogni” di “riempirsi” (di cibo superfluo, di vestiti superflui, di “successo sul lavoro”), pensano ai regali da fare ai conoscenti per illudersi di avere degli amici, pensano al loro “valore” (oscillando fra la sensazione di “inadeguatezza” e quella di essere “speciali”), pensano a ciò che “non sopportano” (e che continuano a sopportare), sognano un “grande amore” o almeno una bella sbronza (e magari optano per la sbronza che è più a portata di mano); pensano a come passare il tempo nel week-end e a come ammazzare il tempo per tutta la vita. Poche persone sentono la felicità di amare qualcuno o di dedicarsi a qualcuno e a qualcosa. O alla gioia di essere amate da qualcuno. O al dolore di non avere a fianco una persona con cui vivere l’avventura della vita. Normalmente le persone pensano tanto da non pensare “davvero” a nulla e sentono così poco da non capire cosa sentono. Di fatto, le persone non pensano alla loro esistenza e all’intimità compiuta o incompiuta nella loro vita. Pensano, in pratica a ciò che hanno imparato a pensare nell’infanzia per non provare dolore. Pensano, quindi, fondamentalmente solo alla loro infanzia. Restano là. Non mettono al centro della loro vita relazionale l’intimità sessuale adulta semplicemente perché la “non-intimità” con i genitori (mai accettata e mai superata) occupa la loro idea della vita.
La “nostra” vita è fatta sia di tempi dilatati trascorsi con noi stessi senza fare nulla di particolare, sia di tempi dilatati trascorsi con una persona godendo della sua semplice presenza e del suo contatto fisico e psicologico. Fra i due estremi del dialogo interno e dell’intimità sessuale hanno spazio i rapporti di amicizia, di collaborazione, di impegno, di svago, i rapporti con gli animali, con la natura e con la società. Tra un dialogo interno infantile e una sessualità ridotta a somma di solitudini, resta un vuoto (reale ed attuale) di esperienza, di conoscenza e di felicità. Solo l’elaborazione del dolore, la compassione e la ricerca di una buona intimità genera buoni rapporti interpersonali e sociali.
Questa mia lettura della sessualità non ha nulla a che fare con le concezioni “romantiche” in cui il/la partner viene concepito/a come una sorta di “sicurezza” o di “salvezza”. Molte persone possono capire (o credere di capire) benissimo che una relazione sessuale costituisca l’ambito elettivo dell’intimità, ma confondono il desiderio sessuale con la fame di sicurezza dei bambini. Altre persone possono manifestare difese opposte, respingendo l’idea della centralità del sesso e dell’intimità nell’esistenza umana e affermando che esistono passioni ben più “profonde”. A mio parere, chi considera il desiderio sessuale uno dei tanti “interessi” personali, semplicemente non è in contatto con la propria sessualità. Una cliente, dopo aver cominciato a sentire una vaga voglia di “muoversi”, avviò alcuni piccoli cambiamenti, anche pratici, nella sua vita e, ad un certo punto, incontrò “l’uomo giusto”. Mi disse di aver scoperto, con il pianto ed i cambiamenti del proprio dialogo interno, che poteva camminare da sola ed anche correre, ma che con il suo compagno poteva “volare”. Mi è piaciuta molto questa sua descrizione. Proprio le lacrime e la resa alle onde dei singhiozzi del pianto liberano il desiderio sessuale e rendono possibile la resa alle onde dell’orgasmo e la stessa comprensione della sessualità.
Prima di esaminare l’espressione del desiderio sessuale in una relazione interpersonale voglio accennare al desiderio sessuale “diffuso” che è presente (se non è bloccato dalle difese psicologiche) sia negli uomini che nelle donne. Non posso utilizzare un termine condiviso, per indicare questo aspetto del desiderio sessuale perché le teorie sull’argomento non sono focalizzate sulle questioni che io considero più importanti. Utilizzerò quindi l’espressione “desiderio diffuso” (DD) per indicare una sensazione collegata allo stato di rilassamento del corpo e ad una realistica idea di sé presente nel dialogo interno. Normalmente le persone mantengono delle “tensioni inutili” che in realtà sono accentuazioni del tono muscolare fisiologicamente normale. Con tale ipertonia muscolare riducono la sensibilità in generale ed anche quella che ha a che fare con la sessualità. Tale ipertonia, grave o lieve, estesa ma anche accentuata in particolari segmenti corporei, blocca “a valle” il pianto (che è bloccato anche “a monte” da pensieri e stati d’animo irrazionali), ma inevitabilmente blocca anche tutta la percezione di sé e la percezione del desiderio sessuale. Il desiderio sessuale, in quanto DD, rientra quindi nella percezione complessiva di sé che è intensa nei limiti consentiti dalle difese psicologiche. Prima di diventare desiderio di contatto fisico con una persona in un preciso momento, il DD attraversa il corpo come una “sensibilità diffusa”, come un’eccitazione “sfumata”, che riguarda i genitali e tutto il corpo. In molti casi, nonostante alcune convinzioni difensive e blocchi, il DD è percepito con chiarezza (come nel caso di persone che per moralismo si reprimono sessualmente, ma controllano un desiderio che sentono), mentre in altri casi è completamente bloccato e, non essendo percepito, non deve nemmeno essere tenuto sotto controllo.
Se il DD è percepito e quindi costituisce una “apertura” ad un possibile contatto sessuale, la persona non si sente “sollecitata” da qualsiasi potenziale partner e nemmeno da qualsiasi partner “ragionevolmente desiderabile” per caratteristiche fisiche o personali. Per vari motivi, sia quando si cerca un/una partner, sia quando si è già in una relazione di coppia soddisfacente e non si cerca altro, tra le persone identificate ragionevolmente come potenziali partner, solo alcune vengono percepite come realmente attraenti ed eccitanti. Possiamo parlare a questo proposito di un “desiderio focalizzato” (DF) su alcune persone, ma non su tutte le persone “ragionevolmente desiderabili”. In questo passaggio dalla valutazione “oggettiva” (ad esempio estetica) del/della potenziale partner alla sensazione di un possibile coinvolgimento fisico giocano infiniti fattori, molti dei quali sono sicuramente difficili da identificare. Alcuni di essi, però, sono identificabili e ciò vale sia per quelli di tipo espressivo, sia per quelli di tipo difensivo. Il DF può riguardare una persona sentita come “invitante” oppure respingente. E’ facile capire che nel primo caso il DF è “espressivo” (cioè sgorga dall’apertura emotiva al contatto piacevole con un’altra persona altrettanto “aperta”), mentre nel secondo caso, il DF dipende da un altro desiderio (difensivo) di conquistare una “preda difficile” e quindi dipende da un desiderio di potere e di autoaffermazione. Tuttavia, in molti casi noi non siamo coscienti di tutti i risvolti di un DF, perché non possiamo essere coscienti di tutto ciò che pensiamo e sentiamo. Possiamo cogliere certi aspetti del linguaggio corporeo di un’altra persona inconsciamente, anziché consciamente, o possiamo operare inconsciamente complesse deduzioni da alcuni indizi coscientemente non considerati. A volte scopriamo dopo molto tempo di poterci fidare di persone che trattavamo con diffidenza per valide ragioni, ma che inconsciamente valutavamo correttamente fin dall’inizio come affidabili, mentre altre volte, purtroppo, ci accorgiamo di aver sbagliato a fidarci di chi però “da qualche parte” sentivamo come inaffidabile. Proprio per questo motivo è sempre bene non prendere decisioni importanti prima di aver consolidato delle “buone sensazioni” in una relazione. Questo secondo aspetto del desiderio sessuale è molto importante perché, come approfondirò in seguito, il desiderio sessuale riguarda una persona e non il corpo di una persona, anche se si manifesta come desiderio di contatto fisico.
A questo punto occorre mettere a fuoco il terzo aspetto del desiderio sessuale: il desiderio di entrare in contatto con una particolare persona: non solo perché il DD è attivato e non solo perché una persona è percepita come “fruibile” in quanto “oggetto” di un DF, ma perché quella persona è sentita come un/una complice ottimale per il gioco del sesso, una bella presenza, un mondo interessante da esplorare, una persona di cui ci si può e ci si vuole prendere cura. Questo terzo aspetto del desiderio sessuale rende amato l’oggetto identificato come partner o come possibile partner. Lo rende un po’ amato quando il desiderio è centrato sul qui ed ora, oppure intensamente amato quando il desiderio è aperto alla possibilità di un rapporto stabile, esclusivo ed impegnativo. Questo aspetto del desiderio, per cui uso l’espressione “desiderio “amorevole” (DA) non coincide con il sentimento dell’amore, dato che si possono amare persone da cui non si desidera nulla e con cui non si vuole nemmeno fare sesso. L’amore è, come ho già precisato, ben distinto dalla stima in quanto a) è l’apprezzamento di ciò che una persona è (e non solo di ciò che può offrire), b) è il desiderio del bene di tale persona (e per questo possiamo anche amare chi non ci ama), c) è la sensazione di non volere che la persona amata soffra in alcun modo. L’amore come “bene-volenza” sicuramente può essere associato al desiderio sessuale (o almeno quello autentico, non difensivo e quindi non “complicato”), ma può anche non avere alcuna connotazione sessuale. Tuttavia il desiderio sessuale presuppone sempre il DA come sua componente essenziale. Ciò vale anche quando il desiderio sessuale non è associato all’idea di un rapporto duraturo e impegnativo (come nel caso della cosiddetta “avventura”). Infatti, non ci si può avvicinare sessualmente ad una persona verso cui non si prova almeno simpatia e quindi una sfumatura della benevolenza. Sottolineo che tale impossibilità è un fatto e non un “ideale morale”: avvicinare sessualmente una persona senza benevolenza equivale a non fare sesso con quella persona, ma a masturbarsi usando (anche con il suo consenso e quindi senza prevaricarla) tale persona, oppure ad ingannare tale persona (coinvolgendola sessualmente per altri fini), oppure ad usare il rapporto sessuale per affermare un potere reale o immaginario (comunque difensivo e distruttivo) su tale persona. In tutti questi casi non si realizza un’esperienza sessuale, così come non si realizza un’esperienza intellettuale usando una pila di libri come tavolino.
Queste considerazioni portano a comprendere che il DA non coincide con il DF, ma in qualche misura accompagna sempre il DF, perché il desiderio focalizzato su un particolare “oggetto sessuale” è comunque focalizzato su un “oggetto” che è riconosciuto come soggetto e quindi come una persona. L’idea che il sesso sia una esperienza “fisica” (o un “peccato carnale”) è psicologicamente inconsistente e quindi falsa. Un DA accompagna sempre un DF perché l’attrazione sessuale non può prescindere dall’attrazione psicologica: il corpo attraente è comunque “esibito” in un certo modo da una particolare persona e quindi trasmette qualcosa delle sua bellezza “umana” e non semplicemente anatomica. Sto parlando di processi reali che avvengono e non di ciò che “dovrebbe essere fatto” dalle persone. Nei casi in cui l’amore è completamente assente, un rapporto “sessuale” non ha nulla a che fare con il desiderio ed il piacere sessuale. Inevitabilmente, la presenza delle difese psicologiche incide sia sul DD, sia sul DF, sia sul DA, aggiungendo sfumature di paura e rabbia alla ricerca del piacere e determinando quindi ambivalenza. Le difese psicologiche disturbano sempre in qualche misura la sessualità (anche se a volte si traducono in comportamenti sessuali “completi”) perché hanno come obiettivo la dissociazione dal dolore e non la ricerca del piacere e dell’intimità. Ogni svalutazione di sé o dell’altra persona, ogni pretesa, rancore o gelosia, ogni illusione di nutrimento, sostegno, sicurezza o approvazione, ogni sfida o manipolazione o menzogna implica una focalizzazione sul soddisfacimento (impossibile) di “bisogni antichi” (e quindi implica la paura di elaborare un dolore “antico”) e limita o distorce la ricerca reale ed attuale di un appagamento sessuale.
Nessuna scoperta relativa alla neurofisiologia del sesso può migliorare la conoscenza del desiderio sessuale, così come nessuna conoscenza relativa alla pianta del caffè può migliorare l’esperienza di bere un buon caffè. Nel sesso ci si regala una grande opportunità di godere e ci si avventura in punta di piedi nella vita di un’altra persona. Solo degli esseri umani mentalmente incatenati al terrore ed alla rabbia della loro infanzia potevano concepire la sessualità come una cosa peccaminosa o “a volte lecita” o strumentalmente utile o da imporre o da sopportare. La sessualità, quindi, resta una manifestazione privilegiata dell’intimità indipendentemente dal fatto che tale fatto possa essere accettato o negato nella cultura condivisa. Non dobbiamo dimenticare che la terra girava attorno al sole anche quando tutti erano convinti del contrario. In questo caso di fronte agli scettici si può solo dire “e pur si rivela bellissimo!”.
A questo punto, dopo aver delineato la “struttura” del desiderio sessuale possiamo cominciare a parlare della sua concreta manifestazione. Anche qui, le citazioni d’obbligo saranno poche, perché ciò che voglio sottolineare non è abitualmente discusso dagli specialisti del settore. Posto che le esperienze sessuali sono sempre uniche e che non è ragionevole collocare il desiderio sessuale in un modello “ideale”, né fare pensieri strani su ciò che si dovrebbe o non si dovrebbe desiderare, voglio partire dalla descrizione di un fatto: il desiderio sessuale ha come oggetto specifico una persona, il suo intero corpo, la sua complessiva comunicazione corporea e quindi l’espressione fisica ed erotica della sua soggettività. Non ha come oggetto i dettagli (comprese le zone erogene) del suo corpo o particolari comportamenti o particolari gesti. Il desiderio sessuale è davvero un desiderio fisico e psicologico di intimità. Ovviamente può essere del tutto represso o incanalato su binari prefissati o ricondotto a rituali specifici, ma in quanto desiderio sessuale è aperto a tutti gli sviluppi giocosi e passionali perché ha come oggetto un soggetto/oggetto percepito come compatibile, invitante ed eccitante. Anche se è scontato che certe parti del corpo e certi tipi di interazione abbiano un “peso” particolare nell’intensificazione del desiderio sessuale e nella sua espressione effettiva, il desiderio sessuale non si riduce alla somma dei desideri di fare alcune “operazioni” su specifiche parti del corpo del/della partner. Non sto delineando un “ideale”, ma un fatto: anche se è ovvio che il gomito di un/una persona è meno eccitante di altre parti del suo corpo, non è vero né che qualsiasi donna o uomo con aspetti fisici oggettivamente apprezzabili possa risultare eccitante per qualsiasi potenziale partner.
Il desiderio è un’attivazione fisica e psicologica che viene sollecitata da una persona (desiderata) perché tale persona comunica qualcosa, è qualcosa, fa qualcosa ed ha anche certe caratteristiche fisiche. Il desiderio presuppone quindi sia specifiche sollecitazioni della persona desiderata sia reali “aperture emotive” della persona desiderante. Non sto cercando di compiere acrobazie “spirituali”: il desiderio di intimità può essere inizialmente scatenato anche da un dettaglio fisico o da un gesto, ma l’intensità del desiderio e la ricerca di un contatto, di una vicinanza e di un appagamento non ne sono un semplice effetto. Se così non fosse non si capirebbe come mai tante persone si sentano attratte da altre persone che non corrispondono al loro “modello ideale”. In altre parole, l’eccitazione sessuale degli uomini e delle donne consiste nel desiderare di fare molte cose con una persona e non di fare “per conto proprio” qualcosa “sul” corpo di tale persona. Nella sessualità è proprio la soggettività del/della partner che rende il suo corpo un oggetto attraente e quindi il desiderio sessuale coincide con il desiderio di intimità con un soggetto/oggetto. Nel sesso, il corpo non è mai l’oggetto del desiderio, ma l’ambito in cui il desiderio viene sollecitato, espresso ed appagato.
Nel desiderio il corpo del/della partner non è percepito come la somma delle sue parti. Per questo motivo può essere molto più eccitante una carezza prolungata del ginocchio del/della partner fatta sostenendo il suo sguardo, di un palpeggiamento prolungato “attuato per conto proprio” sulle parti più provocanti del corpo del/della partner. Con ciò non sto delineando idee “poetiche”: esistono due tipi di eccitazione definibili come eccitazione “totale” e “parziale”, che possono sovrapporsi, ma sono ben distinti. L’eccitazione “totale” è provocata dalla “presenza” del/della partner e dal suo “porsi” in un modo invitante, provocante e accogliente, mentre quella “parziale” è provocata da specifiche parti del corpo, da specifici movimenti o gesti o azioni. Il desiderio sessuale e l’espressione del desiderio possono “scivolare” da una modalità all’altra, ma sicuramente il desiderio sessuale è più intenso proprio quando una persona provoca un’eccitazione “totale” nel/nella partner. Quando questa eccitazione è assente, la coppia è poco affiatata, il desiderio sessuale è debole e proprio tale debolezza accentua l’importanza attribuita a certi aspetti del corpo o a particolari gesti o movimenti.
L’assenza di pretese o svalutazioni favorisce fra due amanti l’eccitazione sessuale più del taglio dei capelli o dell’utilizzazione di certi capi di biancheria. Chi dispensa al/alla partner sermoni sull’opportunità di tenere in ordine la casa, non ha in mente di stare con un/una partner sessuale, ma di vivere nel proprio mondo scialbo e di concedere, a certe condizioni, al/alla partner qualche tipo di contatto fisico. Anche chi impone al/alla partner spazi domestici inutilizzabili per il disordine, non ha in mente di stare con un/una partner sessuale, ma di vivere nel proprio mondo caotico e di concedere, a certe condizioni, al/alla partner qualche tipo di contatto fisico. L’apertura sessuale è in entrambi i casi inesistente. Ciò che non si capisce in queste coppie non è il fatto che i rapporti sessuali siano rari, ma proprio il fatto che a volte siano possibili. In questi casi il desiderio sessuale è semplicemente un sintomo, perché sboccia in assenza di stimoli erotici appropriati e con una persona la cui soggettività è inaccessibile.
Di fatto, nelle relazioni succede di tutto e, ad esempio, in certe coppie che si considerano “passionali” i litigi più feroci possono sfociare in un travolgente amplesso, ma con tale “passione” sicuramente nessuno fa sesso o fa l’amore “con qualcuno”. Si presenta la stessa confusione in coppie “tranquille” in cui i segnali erotici sono assenti, ma si condivide con tenerezza la cura dei figli, si ricevono in continuazione parenti o amici, si commenta il telegiornale e in certi momenti si utilizza il sesso come conferma di una relazione illusoriamente rassicurante. Sono molte le polarità “sessualmente complementari” (passività-attività, vittimismo-autoritarismo, ansia-rassicurazione, ecc.) ed anche le “affinità” apparentemente sessuali (superficialità-superficialità, appiccicosità-appiccicosità, garbato distacco-garbato distacco, ecc.), ma in tutti questi casi il desiderio basilare che si traduce in un desiderio “fisiologicamente sessuale” è “antico” e difensivo e non ha a che fare con il desiderio sessuale in senso stretto.
Ciò che sto cercando di evidenziare è il fatto che quando le persone “regolano” rigidamente il loro desiderio sessuale in una certa direzione, anche se si mostrano disinvolte o trasgressive, non sono alla ricerca del piacere, dell’intimità e dell’orgasmo, perché non cercano di inter-agire o stare “in con-tatto” con un’altra persona, con un altro soggetto. Utilizzano il sesso per “proteggersi” dai propri incubi “antichi” e non per tuffarsi nella pelle e nel mondo interno di un’altra persona. In questo senso, le persone (maschi o femmine) che hanno spiccate e rigide “esigenze”, al pari delle persone che trovano tali “esigenze” inaccettabili e disgustose, non hanno proprio l’idea di far sesso con un/una partner. Nessuno accetterebbe di fare una gita in barca con chi ha già stabilito che si deve nuotare tutti assieme per almeno mezz’ora in un dato orario. Una gita costituisce una piccola avventura grazie alla quale si trascendono i limiti della vita quotidiana. Il sesso è una grande avventura (che si rinnova continuamente nei rapporti d’amore) in cui ciò che eccita è l’altra persona, il suo “esporsi” (mai il suo “concedersi”!), il suo “imporsi” (mai il suo “pretendere”!), il suo unico e particolare modo di provocare, di accogliere, di giocare, di lasciarsi andare. La sessualità umana è inevitabilmente imperfetta, come ogni “cosa umana” e va accettata nella imperfezione. In certi momenti, tuttavia il desiderio sessuale è così diretto, lineare, imperioso che rende addirittura superflue tutte quelle (gradevolissime) forme di gioco erotico che in genere conducono all’intensificazione del piacere ed all’orgasmo. In quei momenti “di vetta” entrambe le persone sentono di essere intensamente desiderate e raggiungono l’orgasmo in modo del tutto lineare e semplice. Ovviamente questi momenti non devono essere idealizzati e nemmeno cercati, perché tali esperienze semplicemente accadono in momenti di particolare sintonia ed apertura emotiva.
Credo che sia importante cogliere queste sfumature del desiderio, dell’eccitazione e dell’appagamento sessuale per comprendere sia l’importanza che la sessualità ha (o può avere) nella vita delle persone, sia per comprendere i veri motivi per cui in certi casi i rapporti sessuali risultano complicati, confusi o insoddisfacenti. A poco servono le diagnosi e le “terapie” basate sul cosiddetto “ciclo di risposta sessuale” (A. P. A., 2000, p. 574) delineato dai più autorevoli psichiatri e accettato da sessuologi e psicoterapeuti, dato che la sessualità delle persone ha le sue radici nel desiderio ed il desiderio sessuale delle persone ha a che fare con tutta la storia e tutta la dimensione emozionale delle persone. Ogni esperienza sessuale cercata e realizzata con desiderio è un'avventura fra le pieghe della pelle e “dell’anima” di una persona che crea turbamento ed eccitazione e non può rientrare in uno schema.
E’ sempre una pessima idea quella di scegliere un/una partner con molte “qualità”, ma poco eccitante sul piano sessuale. Ciò non significa che un forte DF garantisca una buona relazione di coppia, ma significa che ne costituisce una condizione di possibilità. Ovviamente, per chi cerca un partner su un piano difensivo, il DF può anche essere modesto, ma in tali casi la relazione non può essere intima sul piano erotico e nemmeno in generale. Chi attraversa l’infanzia con la rassicurazione costituita dalla presenza amorevole dei genitori, nell’età adulta cerca rapporti interpersonali soddisfacenti ed anche rapporti sessuali soddisfacenti. Questo è un fatto e quindi l’idea della sessualità come trascendenza non è un dogma ideologico, ma una conoscenza empiricamente fondata e può essere facilmente dimostrata, almeno se si vuole davvero conoscere la sessualità e non si vuole ricondurre la sessualità ad una dottrina etica o ideologica o psicologica. Le persone che provano desideri sessuali “facili” (non selettivi) non hanno affatto una forte “carica sessuale” e sono molto più simili di quanto credono alle persone “timide” o “insicure”. Le persone “sessualmente iper-disponibili”, come quelle sessualmente evitanti, provano desideri difensivi più intensi del desiderio sessuale e quindi, sia nella promiscuità, sia nell’astinenza, restano ancorate al proprio mondo soggettivo popolato dai fantasmi di un’infanzia non superata. Anche un’attrazione sessuale intensa può essere espressiva o difensiva. Chi trova “irresistibile” un uomo o una donna arrogante o respingente o “senza spessore” cerca un/una partner ideale per un gioco psicologico difensivo e conflittuale anziché per la realizzazione di una piacevole intimità. Cerca umiliazioni a cui reagire o ingiustizie da combattere o difficoltà da “gestire”, ma non cerca un maschio o una femmina. In questi casi il gioco psicologico viene sessualizzato, ma non ha molto a che fare con la sessualità.
In ogni caso, a mio parere, nella sfera del desiderio sessuale gli aspetti psicologici espressivi e difensivi sono molto significativi. In generale, la comprensione di tutto ciò che accade fra due persone non è affatto indispensabile se il rapporto è soddisfacente, ma tale comprensione diventa indispensabile quando i rapporti sono “esaltanti ma inquietanti” o quando sono “complicati” o quando sono insoddisfacenti.
Prima di concludere devo considerare un’obiezione all’idea qui esposta del ruolo privilegiato della sessualità nell’ambito del piacere, dell’affettività e dell’esistenza in generale. L’obiezione riguarda il fatto che per alcune persone l’intimità sessuale è impossibile o quasi impossibile per via di certe caratteristiche fisiche o di patologie. Tale obiezione è in realtà strumentale e mira a dare peso all’idea che l’esistenza umana abbia “significato” per aspetti ben più importanti della sessualità. Tuttavia, evidenziando il ruolo particolare della sessualità nella sfera emotiva e relazionale non ho mai fatto speculazioni sul “significato” dell’esistenza. Di fatto, anche la sopravvivenza ha un ruolo particolare e non deve essere ritenuta “insignificante” per il fatto che molte persone vivono nella miseria o muoiono di fame. Il punto della questione è un altro: tutti riconoscono che sia dolorosa la vita di chi non ha cibo a sufficienza, non ha una casa e non può ricevere cure mediche o un’istruzione, ma quasi nessuno riconosce che sia dolorosa la vita di chi non è in grado di avere una vita sessuale attiva. Tra le tante persone e associazioni che si occupano dei disabili, ben poche prendono in considerazione i loro desideri affettivi e sessuali. Tale questione resta tabù perché la sessualità continua ad essere svalutata.
Sia i bambini, sia gli adulti, non desiderano solo scambi affettivi e contatto fisico, perché manifestano anche altre esigenze. Un bambino cerca l’abbraccio dei genitori, ma si diverte anche a costruire un castello di sabbia e un architetto, oltre a cercare l’intimità può divertirsi a progettare un grattacielo. Un bambino desidera anche giocare con altri bambini e un adulto può aver voglia di scalare una montagna. I desideri sono tanti e i piaceri sono tanti, ma proprio il desiderio sessuale e l’intimità rendono in qualche misura possibile agli esseri umani un superamento della dimensione soggettiva e il contatto intimo, sensoriale, con un’altra dimensione soggettiva. Purtroppo, l’esperienza dell’intimità sessuale, pur rientrando nell'ambito delle nostre capacità o potenzialità, non è normalmente realizzata perché le difese psicologiche alterano la ricerca del contatto e ci portano a trattare gli altri come semplici oggetti. La sessualità diventa, quindi, un piccolo aspetto di una vita poco vissuta.