Nella sessualità e soprattutto nell’orgasmo, in
qualche modo, si dilatano e si frantumano i confini personali, senza che si
verifichi alcuna dissociazione. In qualche modo si resta “se stessi” senza
essere “solo se stessi”. Nessuna avventura è esaltante e quieta come questa. Nell’esperienza
dell’intimità erotica non si “tocca” mai davvero la soggettività di un’altra
persona, ma almeno si raggiunge la linea di confine fra due soggettività. Senza
questa sorta di trascendenza verso
il/la partner, la sessualità è un esercizio molto faticoso di autocontrollo. Tale
autocontrollo è attuato sia da chi ha paura di “esagerare”, sia da chi si
permette di cercare un piacere circoscritto senza permettersi un coinvolgimento
emotivo. Tale autocontrollo si attua solo per paura: per quella paura di “lasciarsi
andare” sul piano affettivo sperimentata nell’infanzia e mai superata.
Quando
nell’adolescenza lo sviluppo sessuale giunge a maturazione, anche lo sviluppo
delle capacità psicologiche si completa. Ciò significa che i ragazzi e le
ragazze diventano capaci di far sesso
proprio appena sono capaci di capire e
di sentire che le altre persone sono persone, cioè sono soggetti e non solo
oggetti. Tali capacità fisiche e psicologiche restano spesso inutilizzate
semplicemente perché i progetti difensivi infantili permangono e prevalgono sul
desiderio di costruire una storia personale realmente soddisfacente. In tutti i
casi in cui il desiderio sessuale prescinde da un’apertura alla soggettività
dell’oggetto sessuale o in cui è complicato da svalutazioni o illusioni, non
costituisce un desiderio razionale e non porta ad un reale appagamento.
Le
persone sono uniche e con il lavoro analitico non diventano sicuramente uguali,
ma grazie al lavoro “in negativo” che rende superflue le difese, lasciano
emergere espressioni personali sempre
particolari, ma anche simili a quelle altrettanto uniche di altre persone.
Proprio la coerenza profonda fra le differenze individuali consente di
delineare un’idea generale della sessualità umana. Ciò può verificarsi con il
lavoro analitico, ma non con la psicoterapia, perché ogni progetto
“terapeutico” mira a “ristabilire” il normale autocontrollo che è la radice di
qualsiasi disturbo psicologico. Il lavoro analitico favorisce l’espressione
della sessualità anche se non verte su “problemi sessuali”, perché comunque
conduce alla comprensione del modo in cui in generale l’intimità viene cercata
o evitata.
Tutto
ciò che cercherò di chiarire vale per i
maschi e per le femmine, dato che le differenze anatomiche non incidono sul
desiderio sessuale, sull’eccitazione e sull’appagamento. E non incidono sulla
ricerca e la realizzazione dell’intimità. Le chiusure, i freni e le distorsioni
della sessualità sono, negli uomini e nelle donne, di tipo emotivo e dipendono
dalla storia personale, non dalla “dotazione anatomica”. In questa prospettiva
non occorre “affermare” l’uguaglianza fra i generi su un piano ideologico,
perché le capacità emotive e sessuali sono
realmente uguali nei due sessi e vengono espresse nella misura in cui le difese
psicologiche si riducono. Spesso vengono descritti degli aspetti
“specificamente” maschili o femminili che in realtà sono solo “specificamente
irrazionali”. Le concezioni reazionarie o “progressiste” della sessualità sono
irrazionali perché “fissano” come variabili “di genere” le difese culturalmente
prevalenti nei maschi o nelle femmine. Le uniche differenze significative fra i
due generi sono quelle anatomiche, che non determinano nulla sul piano
dell’empatia e della capacità di godere e di amare.
Di
fatto, normalmente, la sessualità convoglia, purtroppo, vissuti “antichi” di
bisogno e difese psicologiche (che implicano paura e rabbia) e quindi risulta
“appesantita”, distorta, complicata o semplicemente “povera”. Tuttavia, questi
fatti non tolgono nulla alle caratteristiche specifiche della sessualità. Il
desiderio sessuale non può essere ragionevolmente considerato una delle tante “pulsioni” o
“motivazioni” che intervengono nella vita delle persone, perché si colloca al centro dell’esistenza delle
persone. Con ciò non intendo sottovalutare le soddisfazioni che si possono
ricavare da relazioni affettive non erotiche, dall’impegno sociale, dalla
soluzione di un problema intellettuale o dalla scoperta di cose nuove. Tuttavia,
nella sessualità l’esperienza del contatto con un altro essere umano si
realizza in modo assolutamente unico e con un’intensità non paragonabile a
quella di altre esperienze. Quando leggo nei trattati “specialistici” i lunghi
elenchi di “pulsioni” o di “motivazioni” in cui la sessualità è collocata al
primo o al decimo posto, mi chiedo cosa avessero in mente gli studiosi mentre scrivevano
tali opere. Persino la “pulsione di morte” è stata messa in improbabili elenchi
di quel tipo ed è stata discussa da persone di cultura.
Cosa
fanno, nella loro vita le persone che non provano il desiderio di intimità
sessuale? Cosa pensano quando si svegliano la mattina? Pensano ai doveri a cui
non riescono a sottrarsi, pensano alle ingiustizie di cui si sentono vittime,
pensano ai loro “bisogni” di “riempirsi” (di cibo superfluo, di vestiti
superflui, di “successo sul lavoro”), pensano ai regali da fare ai conoscenti
per illudersi di avere degli amici, pensano al loro “valore” (oscillando fra la
sensazione di “inadeguatezza” e quella di essere “speciali”), pensano a ciò che
“non sopportano” (e che continuano a sopportare), sognano un “grande amore” o
almeno una bella sbronza (e magari optano per la sbronza che è più a portata di
mano); pensano a come passare il tempo nel week-end e a come ammazzare il tempo
per tutta la vita. Poche persone sentono la felicità di amare qualcuno o di
dedicarsi a qualcuno e a qualcosa. O alla gioia di essere amate da qualcuno. O
al dolore di non avere a fianco una persona con cui vivere l’avventura della
vita. Normalmente le persone pensano tanto da non pensare “davvero” a nulla e
sentono così poco da non capire cosa sentono. Di fatto, le persone non pensano
alla loro esistenza e all’intimità compiuta o incompiuta nella loro vita.
Pensano, in pratica a ciò che hanno imparato a pensare nell’infanzia per non provare
dolore. Pensano, quindi, fondamentalmente solo alla loro infanzia. Restano là.
Non mettono al centro della loro vita relazionale l’intimità sessuale adulta
semplicemente perché la “non-intimità” con i genitori (mai accettata e mai
superata) occupa la loro idea della vita.
La
“nostra” vita è fatta sia di tempi dilatati trascorsi con noi stessi senza fare
nulla di particolare, sia di tempi dilatati trascorsi con una persona godendo
della sua semplice presenza e del suo contatto fisico e psicologico. Fra i due
estremi del dialogo interno e dell’intimità sessuale hanno spazio i rapporti di
amicizia, di collaborazione, di impegno, di svago, i rapporti con gli animali,
con la natura e con la società. Tra un dialogo interno infantile e una
sessualità ridotta a somma di solitudini, resta un vuoto (reale ed attuale) di
esperienza, di conoscenza e di felicità. Solo l’elaborazione del dolore, la compassione e la
ricerca di una buona intimità genera buoni rapporti interpersonali e sociali.
Questa
mia lettura della sessualità non ha nulla a che fare con le concezioni
“romantiche” in cui il/la partner viene concepito/a come una sorta di
“sicurezza” o di “salvezza”. Molte persone possono capire (o credere di capire)
benissimo che una relazione sessuale costituisca l’ambito elettivo dell’intimità,
ma confondono il desiderio sessuale con la fame di sicurezza dei bambini. Altre
persone possono manifestare difese opposte, respingendo l’idea della centralità
del sesso e dell’intimità nell’esistenza umana e affermando che esistono
passioni ben più “profonde”. A mio parere, chi considera il desiderio sessuale
uno dei tanti “interessi” personali, semplicemente non è in contatto con la
propria sessualità. Una cliente, dopo aver cominciato a sentire una vaga voglia
di “muoversi”, avviò alcuni piccoli cambiamenti, anche pratici, nella sua vita
e, ad un certo punto, incontrò “l’uomo giusto”. Mi disse di aver scoperto, con
il pianto ed i cambiamenti del proprio dialogo interno, che poteva camminare da
sola ed anche correre, ma che con il suo compagno poteva “volare”. Mi è
piaciuta molto questa sua descrizione. Proprio le lacrime e la resa alle onde
dei singhiozzi del pianto liberano il desiderio sessuale e rendono possibile la
resa alle onde dell’orgasmo e la stessa comprensione
della sessualità.
Prima
di esaminare l’espressione del desiderio sessuale in una relazione
interpersonale voglio accennare al desiderio sessuale “diffuso” che è presente
(se non è bloccato dalle difese psicologiche) sia negli uomini che nelle donne.
Non posso utilizzare un termine condiviso, per indicare questo aspetto del
desiderio sessuale perché le teorie sull’argomento non sono focalizzate sulle
questioni che io considero più importanti. Utilizzerò quindi l’espressione
“desiderio diffuso” (DD) per indicare una sensazione collegata allo stato di
rilassamento del corpo e ad una realistica idea di sé presente nel dialogo
interno. Normalmente le persone mantengono delle “tensioni inutili” che in
realtà sono accentuazioni del tono muscolare fisiologicamente normale. Con tale
ipertonia muscolare riducono la sensibilità in generale ed anche quella che ha
a che fare con la sessualità. Tale ipertonia, grave o lieve, estesa ma anche
accentuata in particolari segmenti corporei, blocca “a valle” il pianto (che è
bloccato anche “a monte” da pensieri e stati d’animo irrazionali), ma
inevitabilmente blocca anche tutta la percezione di sé e la percezione del
desiderio sessuale. Il desiderio sessuale, in quanto DD, rientra quindi nella
percezione complessiva di sé che è intensa nei limiti consentiti dalle difese
psicologiche. Prima di diventare desiderio di contatto fisico con una persona
in un preciso momento, il DD attraversa il corpo come una “sensibilità diffusa”,
come un’eccitazione “sfumata”, che riguarda i genitali e tutto il corpo. In molti casi, nonostante alcune convinzioni
difensive e blocchi, il DD è percepito con chiarezza (come nel caso di persone
che per moralismo si reprimono sessualmente, ma controllano un desiderio che sentono), mentre in altri casi è
completamente bloccato e, non essendo percepito, non deve nemmeno essere tenuto
sotto controllo.
Se
il DD è percepito e quindi costituisce una “apertura” ad un possibile contatto
sessuale, la persona non si sente “sollecitata” da qualsiasi potenziale partner
e nemmeno da qualsiasi partner “ragionevolmente desiderabile” per
caratteristiche fisiche o personali. Per vari motivi, sia quando si cerca
un/una partner, sia quando si è già in una relazione di coppia soddisfacente e
non si cerca altro, tra le persone identificate ragionevolmente come potenziali
partner, solo alcune vengono percepite come realmente attraenti ed eccitanti.
Possiamo parlare a questo proposito di un “desiderio focalizzato” (DF) su
alcune persone, ma non su tutte le persone “ragionevolmente desiderabili”. In
questo passaggio dalla valutazione “oggettiva” (ad esempio estetica) del/della
potenziale partner alla sensazione di
un possibile coinvolgimento fisico giocano infiniti fattori, molti dei quali
sono sicuramente difficili da identificare. Alcuni di essi, però, sono identificabili
e ciò vale sia per quelli di tipo espressivo, sia per quelli di tipo difensivo.
Il DF può riguardare una persona sentita come “invitante” oppure respingente.
E’ facile capire che nel primo caso il DF è “espressivo” (cioè sgorga
dall’apertura emotiva al contatto piacevole con un’altra persona altrettanto
“aperta”), mentre nel secondo caso, il DF dipende da un altro desiderio
(difensivo) di conquistare una “preda difficile” e quindi dipende da un
desiderio di potere e di
autoaffermazione. Tuttavia, in molti casi noi non siamo coscienti di tutti i
risvolti di un DF, perché non possiamo essere coscienti di tutto ciò che
pensiamo e sentiamo. Possiamo cogliere certi aspetti del linguaggio corporeo di
un’altra persona inconsciamente, anziché consciamente, o possiamo operare
inconsciamente complesse deduzioni da alcuni indizi coscientemente non
considerati. A volte scopriamo dopo molto tempo di poterci fidare di persone
che trattavamo con diffidenza per valide ragioni, ma che inconsciamente
valutavamo correttamente fin dall’inizio come affidabili, mentre altre volte,
purtroppo, ci accorgiamo di aver sbagliato a fidarci di chi però “da qualche
parte” sentivamo come inaffidabile.
Proprio per questo motivo è sempre bene non prendere decisioni importanti prima
di aver consolidato delle “buone sensazioni” in una relazione. Questo secondo
aspetto del desiderio sessuale è molto importante perché, come approfondirò in
seguito, il desiderio sessuale riguarda una persona e non il corpo di una
persona, anche se si manifesta come desiderio di contatto fisico.
A
questo punto occorre mettere a fuoco il terzo aspetto del desiderio sessuale:
il desiderio di entrare in contatto con una particolare persona: non solo
perché il DD è attivato e non solo perché una persona è percepita come
“fruibile” in quanto “oggetto” di un DF, ma perché quella persona è sentita
come un/una complice ottimale per il gioco del sesso, una bella presenza, un
mondo interessante da esplorare, una persona di cui ci si può e ci si vuole
prendere cura. Questo terzo aspetto del desiderio sessuale rende amato
l’oggetto identificato come partner o come possibile partner. Lo rende un po’ amato quando il desiderio è
centrato sul qui ed ora, oppure intensamente
amato quando il desiderio è aperto alla possibilità di un rapporto stabile,
esclusivo ed impegnativo. Questo aspetto del desiderio, per cui uso
l’espressione “desiderio “amorevole” (DA) non coincide con il sentimento
dell’amore, dato che si possono amare persone da cui non si desidera nulla e
con cui non si vuole nemmeno fare sesso. L’amore è, come ho già precisato, ben
distinto dalla stima in quanto a) è l’apprezzamento di ciò che una persona è (e
non solo di ciò che può offrire), b) è il desiderio del bene di tale persona (e
per questo possiamo anche amare chi non ci ama), c) è la sensazione di non
volere che la persona amata soffra in alcun modo. L’amore come “bene-volenza”
sicuramente può essere associato al
desiderio sessuale (o almeno quello autentico, non difensivo e quindi non
“complicato”), ma può anche non avere alcuna connotazione sessuale. Tuttavia il
desiderio sessuale presuppone sempre il
DA come sua componente essenziale. Ciò vale anche quando il desiderio sessuale
non è associato all’idea di un rapporto duraturo e impegnativo (come nel caso della
cosiddetta “avventura”). Infatti, non ci si può avvicinare sessualmente ad una
persona verso cui non si prova almeno simpatia e quindi una sfumatura della
benevolenza. Sottolineo che tale impossibilità è un fatto e non un “ideale morale”: avvicinare sessualmente una
persona senza benevolenza equivale a non
fare sesso con quella persona, ma a masturbarsi usando (anche con il suo
consenso e quindi senza prevaricarla) tale persona, oppure ad ingannare tale
persona (coinvolgendola sessualmente per altri fini), oppure ad usare il
rapporto sessuale per affermare un potere reale o immaginario (comunque
difensivo e distruttivo) su tale persona. In tutti questi casi non si realizza
un’esperienza sessuale, così come non si realizza un’esperienza intellettuale
usando una pila di libri come tavolino.
Queste
considerazioni portano a comprendere che il DA non coincide con il DF, ma in qualche misura accompagna sempre il DF,
perché il desiderio focalizzato su un particolare “oggetto sessuale” è comunque
focalizzato su un “oggetto” che è riconosciuto come soggetto e quindi come una
persona. L’idea che il sesso sia una esperienza “fisica” (o un “peccato
carnale”) è psicologicamente inconsistente e quindi falsa. Un DA accompagna sempre un DF perché l’attrazione
sessuale non può prescindere
dall’attrazione psicologica: il corpo attraente è comunque “esibito” in un certo modo da una particolare
persona e quindi trasmette qualcosa delle sua bellezza “umana” e non
semplicemente anatomica. Sto parlando di processi reali che avvengono e non di
ciò che “dovrebbe essere fatto” dalle persone. Nei casi in cui l’amore è completamente assente, un rapporto
“sessuale” non ha nulla a che fare
con il desiderio ed il piacere sessuale. Inevitabilmente, la presenza delle
difese psicologiche incide sia sul DD, sia sul DF, sia sul DA, aggiungendo
sfumature di paura e rabbia alla ricerca del piacere e determinando quindi
ambivalenza. Le difese psicologiche disturbano sempre in qualche misura la
sessualità (anche se a volte si traducono in comportamenti sessuali “completi”)
perché hanno come obiettivo la dissociazione dal dolore e non la ricerca del piacere e dell’intimità. Ogni svalutazione di sé
o dell’altra persona, ogni pretesa, rancore o gelosia, ogni illusione di
nutrimento, sostegno, sicurezza o approvazione, ogni sfida o manipolazione o
menzogna implica una focalizzazione sul soddisfacimento (impossibile) di
“bisogni antichi” (e quindi implica la paura di elaborare un dolore “antico”) e
limita o distorce la ricerca reale ed attuale di un appagamento sessuale.
Nessuna
scoperta relativa alla neurofisiologia del sesso può migliorare la conoscenza
del desiderio sessuale, così come nessuna conoscenza relativa alla pianta del
caffè può migliorare l’esperienza di bere un buon caffè. Nel sesso ci si regala
una grande opportunità di godere e ci si avventura in punta di piedi nella vita
di un’altra persona. Solo degli esseri umani mentalmente incatenati al terrore
ed alla rabbia della loro infanzia potevano concepire la sessualità come una
cosa peccaminosa o “a volte lecita” o strumentalmente utile o da imporre o da
sopportare. La sessualità, quindi, resta una manifestazione privilegiata
dell’intimità indipendentemente dal fatto che tale fatto possa essere accettato
o negato nella cultura condivisa. Non dobbiamo dimenticare che la terra girava
attorno al sole anche quando tutti erano convinti del contrario. In questo caso
di fronte agli scettici si può solo dire “e pur si rivela bellissimo!”.
A
questo punto, dopo aver delineato la “struttura” del desiderio sessuale
possiamo cominciare a parlare della sua concreta manifestazione. Anche qui, le
citazioni d’obbligo saranno poche, perché ciò che voglio sottolineare non è
abitualmente discusso dagli specialisti del settore. Posto che le esperienze
sessuali sono sempre uniche e che non è ragionevole collocare il desiderio
sessuale in un modello “ideale”, né fare pensieri strani su ciò che si dovrebbe
o non si dovrebbe desiderare, voglio partire dalla descrizione di un fatto: il
desiderio sessuale ha come oggetto specifico una persona, il suo intero corpo, la sua complessiva comunicazione corporea e
quindi l’espressione fisica ed erotica della sua soggettività. Non ha come
oggetto i dettagli (comprese le zone erogene) del suo corpo o particolari
comportamenti o particolari gesti. Il desiderio sessuale è davvero un desiderio
fisico e psicologico di intimità. Ovviamente può essere del tutto represso o
incanalato su binari prefissati o ricondotto a rituali specifici, ma in quanto
desiderio sessuale è aperto a tutti gli sviluppi giocosi e passionali perché ha come oggetto un soggetto/oggetto
percepito come compatibile, invitante ed eccitante. Anche se è scontato che
certe parti del corpo e certi tipi di interazione abbiano un “peso” particolare
nell’intensificazione del desiderio sessuale e nella sua espressione effettiva,
il desiderio sessuale non si riduce
alla somma dei desideri di fare alcune “operazioni” su specifiche parti del
corpo del/della partner. Non sto delineando un “ideale”, ma un fatto: anche se
è ovvio che il gomito di un/una persona è meno eccitante di altre parti del suo
corpo, non è vero né che qualsiasi donna o uomo con aspetti fisici
oggettivamente apprezzabili possa risultare eccitante per qualsiasi potenziale
partner.
Il
desiderio è un’attivazione fisica e psicologica che viene sollecitata da una persona (desiderata) perché tale persona
comunica qualcosa, è qualcosa, fa qualcosa ed ha anche certe caratteristiche fisiche. Il desiderio presuppone quindi
sia specifiche sollecitazioni della persona desiderata sia reali “aperture
emotive” della persona desiderante. Non sto cercando di compiere acrobazie
“spirituali”: il desiderio di intimità può essere inizialmente scatenato anche
da un dettaglio fisico o da un gesto, ma l’intensità del desiderio e la ricerca
di un contatto, di una vicinanza e di un appagamento non ne sono un semplice
effetto. Se così non fosse non si capirebbe come mai tante persone si sentano
attratte da altre persone che non
corrispondono al loro “modello ideale”. In altre parole, l’eccitazione sessuale
degli uomini e delle donne consiste nel desiderare di fare molte cose con una
persona e non di fare “per conto proprio” qualcosa “sul” corpo di tale persona.
Nella sessualità è proprio la soggettività del/della partner che rende il suo
corpo un oggetto attraente e quindi il desiderio sessuale coincide con il
desiderio di intimità con un soggetto/oggetto. Nel sesso, il corpo non è mai l’oggetto del desiderio, ma l’ambito in
cui il desiderio viene sollecitato, espresso ed appagato.
Nel
desiderio il corpo del/della partner non
è percepito come la somma delle sue parti. Per questo motivo può essere
molto più eccitante una carezza prolungata del ginocchio del/della partner
fatta sostenendo il suo sguardo, di un palpeggiamento prolungato “attuato per
conto proprio” sulle parti più provocanti del corpo del/della partner. Con ciò non
sto delineando idee “poetiche”: esistono due tipi di eccitazione definibili
come eccitazione “totale” e “parziale”, che
possono sovrapporsi, ma sono ben
distinti. L’eccitazione “totale” è provocata dalla “presenza” del/della partner
e dal suo “porsi” in un modo invitante, provocante e accogliente, mentre quella
“parziale” è provocata da specifiche parti del corpo, da specifici movimenti o
gesti o azioni. Il desiderio sessuale e l’espressione del desiderio possono
“scivolare” da una modalità all’altra, ma sicuramente il desiderio sessuale è più intenso proprio quando una persona
provoca un’eccitazione “totale” nel/nella partner. Quando questa eccitazione è
assente, la coppia è poco affiatata, il desiderio sessuale è debole e proprio
tale debolezza accentua l’importanza attribuita a certi aspetti del corpo o a particolari
gesti o movimenti.
L’assenza
di pretese o svalutazioni favorisce fra due amanti l’eccitazione sessuale più del
taglio dei capelli o dell’utilizzazione di certi capi di biancheria. Chi
dispensa al/alla partner sermoni sull’opportunità di tenere in ordine la casa,
non ha in mente di stare con un/una
partner sessuale, ma di vivere nel proprio mondo scialbo e di concedere, a
certe condizioni, al/alla partner qualche tipo di contatto fisico. Anche chi
impone al/alla partner spazi domestici inutilizzabili per il disordine, non ha
in mente di stare con un/una partner
sessuale, ma di vivere nel proprio mondo caotico e di concedere, a certe
condizioni, al/alla partner qualche tipo di contatto fisico. L’apertura
sessuale è in entrambi i casi inesistente. Ciò che non si capisce in queste
coppie non è il fatto che i rapporti sessuali siano rari, ma proprio il fatto
che a volte siano possibili. In questi casi il desiderio sessuale è
semplicemente un sintomo, perché sboccia in assenza di stimoli erotici appropriati
e con una persona la cui soggettività è inaccessibile.
Di
fatto, nelle relazioni succede di tutto e, ad esempio, in certe coppie che si
considerano “passionali” i litigi più feroci possono sfociare in un travolgente
amplesso, ma con tale “passione” sicuramente nessuno fa sesso o fa l’amore “con
qualcuno”. Si presenta la stessa confusione in coppie “tranquille” in cui i
segnali erotici sono assenti, ma si condivide con tenerezza la cura dei figli,
si ricevono in continuazione parenti o amici, si commenta il telegiornale e in
certi momenti si utilizza il sesso come conferma di una relazione
illusoriamente rassicurante. Sono molte le polarità “sessualmente
complementari” (passività-attività, vittimismo-autoritarismo, ansia-rassicurazione,
ecc.) ed anche le “affinità” apparentemente sessuali (superficialità-superficialità,
appiccicosità-appiccicosità, garbato distacco-garbato distacco, ecc.), ma in
tutti questi casi il desiderio basilare che si traduce in un desiderio
“fisiologicamente sessuale” è “antico” e difensivo e non ha a che fare con il
desiderio sessuale in senso stretto.
Ciò
che sto cercando di evidenziare è il fatto che quando le persone “regolano” rigidamente il loro desiderio sessuale
in una certa direzione, anche se si mostrano disinvolte o trasgressive, non
sono alla ricerca del piacere, dell’intimità e dell’orgasmo, perché non cercano
di inter-agire o stare “in con-tatto”
con un’altra persona, con un altro soggetto. Utilizzano il sesso per
“proteggersi” dai propri incubi “antichi” e non per tuffarsi nella pelle e nel
mondo interno di un’altra persona. In questo senso, le persone (maschi o
femmine) che hanno spiccate e rigide “esigenze”, al pari delle persone che
trovano tali “esigenze” inaccettabili e disgustose, non hanno proprio l’idea di
far sesso con un/una partner. Nessuno accetterebbe di fare una gita in barca
con chi ha già stabilito che si deve nuotare tutti assieme per almeno mezz’ora
in un dato orario. Una gita costituisce una piccola avventura grazie alla quale
si trascendono i limiti della vita quotidiana. Il sesso è una grande avventura
(che si rinnova continuamente nei rapporti d’amore) in cui ciò che eccita è
l’altra persona, il suo “esporsi” (mai il suo “concedersi”!), il suo “imporsi”
(mai il suo “pretendere”!), il suo unico
e particolare modo di provocare, di accogliere, di giocare, di lasciarsi
andare. La sessualità umana è inevitabilmente imperfetta, come ogni “cosa
umana” e va accettata nella imperfezione. In certi momenti, tuttavia il
desiderio sessuale è così diretto, lineare, imperioso che rende addirittura
superflue tutte quelle (gradevolissime) forme di gioco erotico che in genere
conducono all’intensificazione del piacere ed all’orgasmo. In quei momenti “di
vetta” entrambe le persone sentono di essere intensamente desiderate e
raggiungono l’orgasmo in modo del tutto lineare e semplice. Ovviamente questi
momenti non devono essere idealizzati e nemmeno cercati, perché tali esperienze
semplicemente accadono in momenti di particolare sintonia ed apertura emotiva.
Credo
che sia importante cogliere queste sfumature del desiderio, dell’eccitazione e
dell’appagamento sessuale per comprendere sia l’importanza che la sessualità ha
(o può avere) nella vita delle persone, sia per comprendere i veri motivi per
cui in certi casi i rapporti sessuali risultano complicati, confusi o
insoddisfacenti. A poco servono le diagnosi e le “terapie” basate sul cosiddetto
“ciclo di risposta sessuale” (A. P. A., 2000, p. 574) delineato dai più
autorevoli psichiatri e accettato da sessuologi e psicoterapeuti, dato che la
sessualità delle persone ha le sue radici nel desiderio ed il desiderio
sessuale delle persone ha a che fare con tutta la storia e tutta la dimensione
emozionale delle persone. Ogni esperienza sessuale cercata e realizzata con
desiderio è un'avventura fra le pieghe della pelle e “dell’anima” di una
persona che crea turbamento ed eccitazione e non può rientrare in uno schema.
E’
sempre una pessima idea quella di scegliere un/una partner con molte “qualità”,
ma poco eccitante sul piano sessuale. Ciò non significa che un forte DF
garantisca una buona relazione di coppia, ma significa che ne costituisce una condizione
di possibilità. Ovviamente, per chi cerca un partner su un piano difensivo, il
DF può anche essere modesto, ma in tali casi la relazione non può essere intima
sul piano erotico e nemmeno in generale. Chi attraversa l’infanzia con la
rassicurazione costituita dalla presenza amorevole dei genitori, nell’età
adulta cerca rapporti interpersonali soddisfacenti ed anche rapporti sessuali
soddisfacenti. Questo è un fatto e quindi l’idea della sessualità come
trascendenza non è un dogma ideologico, ma una conoscenza empiricamente fondata
e può essere facilmente dimostrata, almeno se si vuole davvero conoscere la
sessualità e non si vuole ricondurre la sessualità ad una dottrina etica o
ideologica o psicologica. Le persone che provano desideri sessuali “facili”
(non selettivi) non hanno affatto una forte “carica sessuale” e sono molto più
simili di quanto credono alle persone “timide” o “insicure”. Le persone
“sessualmente iper-disponibili”, come quelle sessualmente evitanti, provano
desideri difensivi più intensi del desiderio sessuale e quindi, sia nella
promiscuità, sia nell’astinenza, restano ancorate al proprio mondo soggettivo
popolato dai fantasmi di un’infanzia non superata. Anche un’attrazione sessuale
intensa può essere espressiva o difensiva. Chi trova “irresistibile” un uomo o
una donna arrogante o respingente o “senza spessore” cerca un/una partner
ideale per un gioco psicologico difensivo e conflittuale anziché per la
realizzazione di una piacevole intimità. Cerca umiliazioni a cui reagire o
ingiustizie da combattere o difficoltà da “gestire”, ma non cerca un maschio o
una femmina. In questi casi il gioco psicologico viene sessualizzato, ma non ha
molto a che fare con la sessualità.
In
ogni caso, a mio parere, nella sfera del desiderio sessuale gli aspetti
psicologici espressivi e difensivi sono molto significativi. In generale, la
comprensione di tutto ciò che accade fra due persone non è affatto
indispensabile se il rapporto è soddisfacente, ma tale comprensione diventa
indispensabile quando i rapporti sono “esaltanti ma inquietanti” o quando sono
“complicati” o quando sono insoddisfacenti.
Prima
di concludere devo considerare un’obiezione all’idea qui esposta del ruolo privilegiato
della sessualità nell’ambito del piacere, dell’affettività e dell’esistenza in
generale. L’obiezione riguarda il fatto che per alcune persone l’intimità
sessuale è impossibile o quasi impossibile per via di certe caratteristiche
fisiche o di patologie. Tale obiezione è in realtà strumentale e mira a dare
peso all’idea che l’esistenza umana abbia “significato” per aspetti ben più
importanti della sessualità. Tuttavia, evidenziando il ruolo particolare della
sessualità nella sfera emotiva e
relazionale non ho mai fatto speculazioni sul “significato” dell’esistenza. Di
fatto, anche la sopravvivenza ha un ruolo particolare e non deve essere
ritenuta “insignificante” per il fatto che molte persone vivono nella miseria o
muoiono di fame. Il punto della questione è un altro: tutti riconoscono che sia
dolorosa la vita di chi non ha cibo a sufficienza, non ha una casa e non può ricevere
cure mediche o un’istruzione, ma quasi nessuno riconosce che sia dolorosa la
vita di chi non è in grado di avere una vita sessuale attiva. Tra le tante
persone e associazioni che si occupano dei disabili, ben poche prendono in
considerazione i loro desideri affettivi e sessuali. Tale questione resta tabù
perché la sessualità continua ad essere svalutata.
Sia
i bambini, sia gli adulti, non desiderano solo scambi affettivi e contatto
fisico, perché manifestano anche altre esigenze. Un bambino cerca l’abbraccio
dei genitori, ma si diverte anche a costruire un castello di sabbia e un
architetto, oltre a cercare l’intimità può divertirsi a progettare un
grattacielo. Un bambino desidera anche giocare con altri bambini e un adulto
può aver voglia di scalare una montagna. I desideri sono tanti e i piaceri sono
tanti, ma proprio il desiderio sessuale e l’intimità rendono in qualche misura
possibile agli esseri umani un superamento della dimensione soggettiva e il
contatto intimo, sensoriale, con un’altra dimensione soggettiva. Purtroppo, l’esperienza
dell’intimità sessuale, pur rientrando nell'ambito delle nostre capacità o potenzialità, non
è normalmente realizzata perché le difese psicologiche alterano la ricerca del
contatto e ci portano a trattare gli altri come semplici oggetti. La sessualità
diventa, quindi, un piccolo aspetto di una vita poco vissuta.