sabato 14 luglio 2018

16. Il disinteresse per la sessualità







Può sembrare strana l’idea che la sessualità interessi a poche persone, dal momento che molti fatti sembrano dimostrare il contrario. La televisione, la stampa, la pubblicità, le barzellette, le conversazioni quotidiane trasudano sessualità. La chiesa e le altre religioni continuano a condannare l’onnipresente immoralità sessuale, la pornografia ha una notevole diffusione e la cultura popolare ripropone continuamente idee “antiquate” sul comune senso del pudore e idee “moderne” sul ruolo maschile e femminile. La cultura accademica, poi, dal primo Novecento sembra considerare indispensabile in qualsiasi saggio non solo psicologico, ma relativo a temi sociali, qualche riferimento alla psicoanalisi e quindi alla concezione freudiana della sessualità. Non intendo negare queste realtà, ma continuo a ritenere che la sessualità non abbia affatto un ruolo centrale nella vita delle persone. Il fatto che moltissime persone mettano al mondo dei figli non dimostra che i bambini siano importanti per le persone e per la società e, infatti, non sono affatto importanti. Allo stesso modo, il fatto che più o meno tutti parlino di sesso e molte persone facciano sesso non dimostra alcun reale interesse per la sessualità. Credo che la sessualità non sia importante per moltissimi esseri umani, che sia superficialmente importante per alcuni esseri umani e che sia molto importante solo per pochi esseri umani. Per chiarire questa idea apparentemente bizzarra, vorrei ricordare alcuni fatti che mi sembrano più convincenti di quelli che suggeriscono l’idea di un diffuso interesse per la sessualità.
a) Non esiste una cultura del piacere sessuale. Esiste una cultura della famiglia, del matrimonio, della condanna dell’immoralità sessuale, della trasgressione sessuale, della maternità, della paternità, dell’inquietudine sessuale, del conflitto fra i sessi, della rinuncia al sesso, della fisiologia del sesso, ma non esiste una cultura del piacere sessuale. Il romanzo L’amante di Lady Chatterly di Lawrence (1928) è stato scambiato per un libro pornografico e il ruolo della sessualità in 1984 di Orwell (1949) non è stato realmente compreso dai critici. Le scene erotiche adatte a rappresentare una fusione di tenerezza e passione fisica sono assenti nei capolavori della storia del cinema e compaiono (raramente) in film minori, probabilmente per una svista del regista o per un eccesso di zelo degli attori. I giovani sono sessualmente inibiti oggi come nel secolo scorso, anche se usano un vocabolario volgare, impensabile in passato. Gli adulti si angosciano per il rendimento scolastico dei figli adolescenti, ma non si chiedono se siano frustrati o appagati sessualmente. Le separazioni che concludono delle relazioni di coppia sono quasi sempre traumatiche e le delusioni, i rancori o le vendette normalmente espresse dimostrano che le persone non sono mai state realmente in intimità quando “si amavano”. In una società sessuoaffermativa starei scrivendo l’ennesimo libro di una serie interminabile di opere sull’argomento e non un testo “strano” che collega argomenti da sempre tenuti separati e che contrappone aspetti da sempre erroneamente associati. L’idea che la razionalità e la ricerca del piacere sessuale siano così “vicine” o che la libertà di piangere costituisca la condizione per la libertà di raggiungere l’orgasmo non sono idee scontate. Allo stesso modo, la netta distinzione che sottolineo fra potenzialità personali (anche sessuali) e normalità statistica è una distinzione insolita. In pratica, la sessualità sopravvive ai margini della società e della cultura.
b) Molte persone, giustificandosi con l’idea che amano rilassarsi in casa, vestono con cura solo quando escono con amici e conoscenti. Non si capisce perché sentano l’esigenza di affascinare gli estranei e non la persona che hanno scelto come compagno/a di vita. In casa si può anche stare comodi indossando abiti “sessualmente provocanti” per il/la partner, dato che certi tipi di indumenti intimi o “sportivi” valorizzano l’aspetto fisico come gli abiti eleganti, ma molto spesso la gente in casa veste “comodamente con sciattezza”. Ciò significa che la valorizzazione del proprio corpo è intesa come un mezzo per ottenere accettazione e non per provocare eccitazione. E’ ovvio che una coppia affiatata mantiene un livello normalmente alto di eccitazione grazie alla qualità della comunicazione e degli scambi affettivi e non per i vestiti indossati, ma è altrettanto vero che le donne che in casa sembrano anziane addette alle pulizie e gli uomini che in casa sembrano pazienti ricoverati in ospedale lanciano al/alla partner una montagna di messaggi anti-erotici.
c) In molti casi, dopo la nascita del primo o del secondo figlio la sessualità nelle relazioni di coppia si riduce drasticamente o cessa del tutto e, nella maggior parte di tali “casi disastrosi”, l’argomento non è toccato o è preso in considerazione superficialmente prima di essere accantonato. Gli uomini si lamentano molto spesso delle donne che pensano solo ai figli, ma non mettono a fuoco il fatto che se le loro compagne pensano solo ai figli non hanno voglia di “pensare” alla relazione sessuale. In compenso le donne si lamentano molto spesso del fatto che gli uomini si dedicano più al lavoro che alla famiglia, ma non mettono a fuoco il fatto che se agiscono così non desiderano un'intimità sessuale o hanno smesso di cercarla. In altri casi, invece, tali tragiche situazioni vengono “giustificate”: gli uomini sono orgogliosi di avere come compagna una “ottima madre” e le donne sono orgogliose di avere come compagno un “gran lavoratore” che, con il sudore della sua fronte, provvede alle esigenze della famiglia e si preoccupa per il futuro dei figli. Una mia cliente iniziò il lavoro analitico per superare una reazione depressiva alla separazione. Le chiesi di elencarmi tutte le cose che le mancavano del marito, ma mi parlò solo di cose spiacevoli. Le feci notare che la perdita di un partner di quel tipo era paragonabile ad una vincita alla lotteria e mi rispose che avevo ragione, ma che ora si sentiva “senza punti di riferimento”. In pratica si era bloccata nel rimpianto di qualcosa che non aveva mai avuto, dato che, nella vita adulta, i/le partner non possono essere “punti di riferimento” così come lo sono i genitori per i figli. Per orientarsi nella realtà gli adulti usano le bussole o le mappe, non le altre persone. Come esseri umani siamo tutti egualmente smarriti nell’universo e costruiamo rapporti di amicizia o di coppia per condividere la nostra condizione di smarrimento e non per essere rassicurati. L’idea che le relazioni di coppia diano “sicurezza” è semplicemente irrazionale e ha come conseguenza inevitabile l’idea che il sesso serva solo per “adescare” un marito o una moglie.
d) In tutti i casi in cui le persone si stupiscono di aver “scoperto un tradimento” dimostrano di non essersi affatto accorte che la relazione non andava bene. In tutti i casi in cui le persone mantengono un rapporto con il/la partner “ufficiale” e con quello/a “non ufficiale” non dimostrano affatto di avere una intensa vita sessuale, ma di riuscire ad avere un pessimo rapporto sessuale con entrambe le persone utilizzate superficialmente per obiettivi difensivi che nulla hanno a che fare con il desiderio di un’intimità sessuale.
e) Il numero dei clienti delle prostitute è molto elevato e ciò può avere solo due spiegazioni: o i maschi sono talmente fissati con il sesso che pur avendo una relazione soddisfacente cercano ulteriori gratificazioni, oppure le relazioni sessuali di coppia sono normalmente insoddisfacenti e una parte dei fidanzati o mariti o partner maschili cerca altrove qualche surrogato. Se a questo si aggiungono i casi di “infedeltà” (maschile o femminile) con partner che non chiedono un compenso economico, il quadro è disastroso. Ma c’è di più: i maschi (e le femmine) che provano insoddisfazione sessuale nei rapporti di coppia, raramente dichiarano una profonda sofferenza. Le persone si lamentano spesso dei/delle loro partner, ma per altri motivi: lui non lava i piatti, lei passa troppe ore con le amiche, lui/lei trascura i figli, lui/lei “vuol sempre avere ragione”, “lui non ascolta”, “lei non capisce”, lui/lei è incollato/a ai suoi genitori come un francobollo. Vi sono anche altri motivi di insoddisfazione ricorrenti: “lui/lei” ha scordato l’anniversario del matrimonio. Tuttavia, nelle normali situazioni, ciò che non si capisce è proprio perché mai avrebbe dovuto ricordare tale infausta ricorrenza. Sembra, quindi, che le persone siano così poco interessate al sesso da non soffrire per le frustrazioni sessuali.
f) Si parla spesso dei “problemi della vecchiaia” e i problemi elencati riguardano sempre la salute, il senso di “inutilità” avvertito da chi non ha più un ruolo lavorativo, la difficoltà per gli anziani di orientarsi nella società in continuo cambiamento, le difficoltà economiche dei pensionati, la solitudine dei vedovi e delle vedove e così via. Non si sente mai parlare del dolore dovuto ad un fatto drammatico: gli esseri umani (maschi e femmine) hanno capacità di eccitazione e di appagamento sessuale anche in età molto avanzata, ma purtroppo perdono il loro fascino prima di notare un affievolimento del desiderio sessuale. Di conseguenza riscontrano un minor fascino nei/nelle loro coetanei/e. Ad un certo punto, sempre troppo presto, anche se le persone anziane si sentono più o meno quelle di sempre, appaiono più come delle persone (o anche come delle persone presumibilmente affascinanti in passato), che come dei “maschi” o delle “femmine”. In quanto oggetti sessuali, gli uomini e le donne, a settant’anni o sessanta o a volte anche a cinquant’anni hanno un valore erotico decisamente scadente. Molte persone si maltrattano (con l’alimentazione, la scarsa cura di sé, il rifiuto di mantenere “aperta” la mente, ecc.) e così anticipano l’ora X, ma prima o poi essa giunge per tutti. Per chi considera il sesso un aspetto importante dell’esistenza personale, la consapevolezza di aver meno da offrire a chi si ama e di ottenere stimoli più “deboli” da chi si ama, è necessariamente molto dolorosa. Se tale dolore non è percepito, la sessualità ha un ruolo molto marginale nell’esistenza personale e presumibilmente non ha mai avuto molta importanza. Anche se è spesso trattato il “problema” della “bellezza che sfiorisce” con gli anni, tali discussioni non hanno nulla a che fare con ciò di cui sto parlando: riguardano i crucci (infantili) relativi all’apparire meno “giovanili” e non all’apparire meno “attraenti”. Infatti, molti ragazzi e ragazze sono indiscutibilmente “giovanili”, dato che sono giovani, ma sono sessualmente eccitanti come un mal di testa, mentre in alcuni casi, maschi e femmine ben provvisti/e di rughe e acciacchi hanno una forte carica erotica. In ogni caso, il tempo lascia i segni e ad un certo punto tutti diventano più “persone” che “persone sessuate”. Di questo specifico aspetto dell’invecchiamento, in realtà, non si sente mai parlare e ciò, a mio parere, dimostra senza ombra di dubbio che uomini e donne hanno un interesse davvero modesto per la dimensione sessuale della loro esistenza.
g) Nemmeno i “problemi ufficiali” degli adolescenti, riguardano la sessualità, anche se la loro età comporta notevoli frustrazioni sessuali. Gli adolescenti cercano più l’approvazione dei coetanei che l’intimità erotica. Le ragazze magre ansiose di perdere un altro paio di chili vogliono intensamente “essere perfette” (in base a criteri strani), ma non intendono essere “oggetti sessuali appetibili”, dato che devastano la loro femminilità. Ovviamente anche i giovani che al bar ingoiano quattro paste e un cappuccino con molta schiuma non hanno in mente di far colpo su eventuali partner. I “tipici” tormenti degli adolescenti vertono sulla loro “identità sociale” e sul risultare “conformi a certi modelli” (spesso opposti a quelli offerti dai genitori) e tali tormenti indicano uno scarso interesse per il problema (reale) di non poter fare sesso liberamente in una società che svaluta il piacere sessuale. L’esigenza diffusa negli adolescenti di avere tatuaggi, orecchini e abiti “trendy” (orribili e certamente non sessualmente provocanti), dimostra quanto sia scarso, in quell’età “sessualmente esplosiva”, l’interesse per la sessualità e quanto sia preminente l’interesse (infantile) per la “appartenenza ad un gruppo”. In pratica, gli adolescenti danno poca importanza al sesso come gli anziani e come le coppie. Restano solo i bambini, ma appena questi manifestano i primi impulsi sessuali vengono squalificati dai genitori e indottrinati dai sacerdoti.
h) Consideriamo ora l’indignazione degli uomini e delle donne focalizzata sui rapporti in generale fra i due sessi, tenendo conto anche del fatto che le insoddisfazioni più profonde e intime non vengono comprensibilmente rese pubbliche. Le manifestazioni più esplicite dell’indignazione femminile riguardano la violenza sessuale, i maltrattamenti e gli omicidi ed anche la scarsa collaborazione degli uomini nella gestione della casa e dei figli (quindi il “doppio lavoro” femminile), mentre gli uomini, in ambiti circoscritti e senza ottenere ascolto dai mezzi di informazione, si indignano per lo sfruttamento economico che subiscono (soprattutto nelle cause di divorzio). La cosa più significativa che sfugge a tutti è il fatto che la “normale” indignazione maschile e femminile non è mai completata dall’affermazione di ciò che si desidera. Come se uomini e donne desiderassero solo “non essere maltrattati/e” e non desiderassero un'intimità migliore.
i) Il disinteresse per la sessualità si manifesta in un altro modo, con un’evidenza che solo in una società sessuonegativa può essere trascurata: maschi e femmine, comprese le persone che vivono in coppia e comprese le poche persone soddisfatte della loro relazione di coppia, sono “rigidamente tolleranti” (fino a manifestare una vera complicità) nei confronti delle religioni (vecchie e nuove) e delle loro espressioni brutalmente sessuonegative. Una percentuale minima di genitori respinge l’educazione religiosa dei figli, pur sapendo che anche i preti più “aperti mentalmente” dovranno necessariamente spiegare almeno i dieci comandamenti e quindi gli atti “impuri”. Chiunque rifiuterebbe di lasciare un’ora i figli in un “centro culturale nazista”, ma agnostici ed atei accettano l’educazione religiosa dei loro figli come conseguenza “inevitabile” della loro appartenenza alla cultura occidentale. Se tale “tolleranza” nei confronti della sessuonegatività è comprensibile nei musulmani e nei cattolici osservanti, il fatto che persino i “quasi cattolici” e i non credenti non considerino terribile una violenza di questo tipo, si spiega solo con l’indifferenza nei confronti della sessualità. Anche la marcata sessuonegatività del movimento femminista non è stata rilevata dagli intellettuali “progressisti” e nemmeno dagli psicoterapeuti. Lo slogan “storico” che affermava “col dito, col dito, orgasmo garantito” avrebbe dovuto far preoccupare notevolmente i sinceri progressisti, i sessuologi e gli psicoterapeuti, ma non ha creato alcuna diffusa inquietudine e alcun significativo dibattito culturale.
In questa situazione tragica, di cui ho messo in rilievo solo alcuni aspetti, non si capisce per quale motivo abbiano tanto successo i programmi televisivi in cui le allusioni al sesso si sprecano e le “signorine” si agitano in abiti succinti. La tesi più stupida emersa sull’argomento è quella secondo cui: il corpo delle donne è maltrattato, esibito e guardato perché il maschilismo rende gli uomini affamati di oggetti sessuali e disinteressati a quell’affettività di cui le donne sono depositarie. Volumetti pieni di queste “idee” hanno avuto un successo notevole ed hanno sollecitato accese discussioni. Purtroppo la realtà è quella che è, anche se può essere presentata nei modi più bizzarri. Le donne non sono depositarie di un’affettività più intensa di quella degli uomini, anche se è vero che le donne normalmente (cioè per delle ragioni da chiarire e non per via della loro “natura”) utilizzano le emozioni per difendersi da altre emozioni, mentre gli uomini, normalmente esprimono poco le loro emozioni. Inoltre, le donne normalmente negano i desideri sessuali e gli uomini in genere ammettono di provare desideri sessuali, ma hanno il terrore di unire sessualità e sentimenti. Donne e uomini non sanno che fare della loro vita erotica perché nell’infanzia cercano un’accettazione che non ottengono e da adolescenti, da adulti e da anziani continuano a cercare la stessa accettazione. Il sesso è bloccato o usato strumentalmente perché le persone temono di sentire il dolore di un’infanzia mai superata. Per questo motivo il sesso non ha alcuna importanza nella vita della maggior parte delle persone. Ovviamente l’esibizione delle “risorse” o capacità (reali o apparenti) di tipo sessuale è difensiva come l’esibizione di capacità (reali o apparenti) di tipo intellettuale, culturale, artistico, tecnico, ecc. Cambia la “merce” offerta, ma l’obiettivo è sempre quello di ottenere un “guadagno” non più ottenibile nell’età adulta. Le persone che conoscono l’appagamento sessuale non hanno alcun bisogno di dimostrare nulla.
Se queste considerazioni sono convincenti, possiamo dire che proprio il “chiasso sessuale” è la dimostrazione del diffuso disinteresse per la sessualità. Gli adulti non aggrappati alla loro infanzia hanno bisogno di vivere in accordo con le proprie capacità e aspirazioni. Cercano (nei limiti del possibile) di costruire una vita soddisfacente e non aspirano a vivere una vita “povera” ma apprezzata dagli altri. I bambini sono troppo piccoli per fare sesso, per sapere chi sono, per scegliere le persone con cui stare, per fare ciò che amano fare, per aver cura di chi amano. I bambini stanno male come un alberello esposto al vento e hanno bisogno di un palo di sostegno, cioè di genitori capaci di farli sentire amati e amabili. Hanno bisogno di ricevere dall’esterno ciò che non possono darsi da soli. Se non trovano quel sostegno si illudono di poterlo meritare nei modi più strani e dopo dieci o cinquant’anni continuano a cercare tale sostegno. La sessualità esibita come dimostrazione di capacità utilizzabili per l’ottenimento dell’accettazione e della felicità dell’infanzia, costituisce solo una conferma della normale repressione e della normale svalutazione della sessualità.
Il discorso ora sviluppato ha un punto debole che può dar luogo ad un’obiezione di questo tipo: se la prostituzione (quasi esclusivamente femminile) e la pornografia (prevalentemente rivolta ai maschi) hanno tanto successo, evidentemente gli uomini sono sessualmente più liberi delle donne. Non è così, perché in un mondo di donne poco interessate al sesso e di uomini molto interessati al sesso, il “grido di dolore” dei maschi si leverebbe con un’intensità tale da imporre questo problema a tutta la società. Credo siano pochi i ragazzi, gli adulti e gli anziani che piangono tutti i giorni perché devono ricorrere alla masturbazione, inseguire in rete qualche pornostar o accordarsi con una prostituta in un viale. In genere si accontentano di qualche valvola di sfogo, dimostrando di non avere la più pallida idea di cosa sia o possa essere l’intimità sessuale di cui sentono vagamente la mancanza. In altre parole, la “secolarizzazione” della società moderna e la “sessualizzazione” della cultura non hanno nulla a che fare con una maggior consapevolezza del ruolo della sessualità nella costruzione della felicità personale. Non va sottostimata nemmeno la percentuale di persone che non ricorrono nemmeno alla masturbazione o al sesso a pagamento semplicemente perché non desiderano proprio nulla sul piano sessuale. Vivono per i loro impegni (l’appartenenza ad un gruppo), per ottenere riconoscimenti (cioè accettazione) sul lavoro, per accumulare denaro (cioè per “affermarsi”) o per “divertirsi” (cioè per distrarsi).
La società, soprattutto attraverso la famiglia, inizia la devastazione della sessualità umana imponendo ai bambini il disprezzo per il piacere in generale: il piacere è meno importante del dovere, il contatto fisico è concesso solo condizionalmente (solo se i bambini sono “buoni”) e il gioco è subordinato all’ordine, alla pulizia, ai diritti degli adulti e all’esecuzione di rituali prestabiliti. Tale devastazione procede con la diffusione di idee che capovolgono la realtà dei fatti: si afferma che la sessualità non è espressione dell’amore per sé e per gli altri, ma che può e deve essere espressa solo nei casi in cui l’amore (inteso come manifestazione “altruistica”) è stato dichiarato. Il disastro si manifesta anche nelle perversioni linguistiche: l’espressione “donna di facili costumi” lascia pensare che i costumi debbano essere “difficili” e quindi non piacevoli e l’espressione “un uomo che pensa solo a quello” implica che gli uomini debbano pensare a cose “più importanti”. Il linguaggio, grazie a queste e a molte altre aberrazioni afferma, quindi, per implicazione, la svalutazione del piacere e della sessualità. Le comuni espressioni offensive raramente sono solo volgari. In genere implicano un profondo disprezzo per certe zone erogene o certi giochi sessuali o certe persone (soprattutto le prostitute). La cultura antisessuale trionfa soprattutto nei casi in cui il disprezzo per il piacere non è trasmesso con l’esaltazione dei doveri (sui quali a volte è possibile discutere), ma con l’esaltazione dei “diritti”. Se si afferma che le donne hanno il diritto di non essere trattate come oggetti è difficile fare obiezioni, perché nessuno ama essere strumentalizzato. Il discorso però non sta in piedi perché per le donne (e gli uomini) il fatto di essere oggetti sessuali desiderabili (non solo oggetti sessuali) è semplicemente una fortuna. Se il movimento delle donne avesse affermato il diritto delle donne (e degli uomini) di non essere solo oggetti sessuali avrebbe implicato il riconoscimento del desiderio di intimità, di complicità erotica e di appagamento sessuale delle donne (e degli uomini). Se avesse fatto cose del genere sarebbe stato davvero un movimento di emancipazione e di liberazione. E non avrebbe avuto successo.
Se le persone provassero il desiderio sessuale corrispondente alle loro potenzialità personali, sarebbero semplicemente allergiche a qualsiasi concezione irrazionale relativa al sesso. Proprio la mancanza di un desiderio sentito favorisce quei “turbamenti interiori” che le persone colte provano assaporando certi capolavori della letteratura e che le persone meno colte provano divorando romanzi “sentimentali”. Al di là dei meriti strettamente letterari di certe opere e dei “demeriti letterari” di altre, i tormenti di Madame Bovary e di qualsiasi eroina di una telenovela (e dei loro partner maschili), non hanno molto a che fare con il desiderio sessuale. Il desiderio sessuale è semplicemente (quasi) assente nella cultura proprio perché è (quasi) assente nella vita delle persone. Fortunatamente tale desiderio passa sempre in qualche modo ed in qualche misura attraverso le fessure o le crepe di quella grande prigione mentale ed emozionale che gli esseri umani hanno costruito e in cui risiedono abitualmente. Il desiderio sessuale non muore mai, per fortuna, ma resta in genere ai margini. Questa strenua sopravvivenza della sessualità in una società sessuonegativa è l’unico aspetto incoraggiante di una realtà tragica in cui normalmente le persone si identificano nel loro lavoro, nella loro condizione sociale, nei loro “valori”, nei loro sintomi e, proprio in questo modo, rinunciano a comprendere ciò che desiderano.
Due catastrofi hanno caratterizzato lo sviluppo psicologico della specie umana. La prima è dovuta al fatto che noi umani riusciamo a sviluppare compiutamente le nostre uniche ed elevate potenzialità interiori in un arco di tempo molto più ampio di quello necessario ad altri animali coscienti e sociali. Infatti, abbiamo bisogno di quasi due decenni per diventare “noi stessi”, mentre ad altri animali bastano due anni o pochi mesi. Questo processo di crescita richiede, quindi, un accudimento altrettanto prolungato e moltiplica proporzionalmente i comportamenti frustranti dei genitori e genera reazioni difensive nei cuccioli umani. Di questa catastrofe ho già parlato e ora vorrei fare alcune considerazioni sulla seconda catastrofe che ha caratterizzato l’evoluzione culturale della specie umana.
Non solo abbiamo acquisito potenzialità espressive e sessuali che in genere non manifestiamo, ma abbiamo strutturato anche chiusure sessuali fondamentalmente diverse nei due sessi. E’ certamente falso che, a parte le differenze anatomiche, gli uomini siano “fatti in un certo modo” e che le donne siano “fatte in un altro modo”, ma è evidente che gli uomini tendenzialmente reprimono la loro sessualità proprio facendo sesso, mentre le donne tendenzialmente reprimono la loro sessualità evitando di fare sesso. Anche se vi sono uomini “sensibili ed esitanti” e donne “insensibili ed aggressive”, così come vi sono (a volte) uomini o donne capaci di manifestare tanto la tenerezza quanto la passione, nella maggior parte dei casi (e sempre in modi più o meno marcati), gli uomini tendono a negarsi sessualmente proprio cercando un contatto sessuale più meccanico che passionale, mentre le donne tendono a negarsi sessualmente “indugiando” in una comunicazione emotiva confusa e infantile. Inoltre, quando maschi e femmine accettano di incontrarsi sessualmente, manifestano “a distanza ravvicinata” atteggiamenti frustranti del tutto coerenti con le modalità difensive manifestate prima del contatto erotico. Queste operazioni, sia autodistruttive che distruttive, vengono “giustificate” in modi bizzarri: i maschi tendono a dire che cercano sesso perché sono “liberi dai tabù” e le femmine tendono a dire che rifiutano la superficialità dei maschi e non la sessualità in quanto tale e che lo fanno perché sono “molto sensibili”. In realtà gli uomini non sono affatto liberi se “si aprono” solo sul piano fisico e le donne non sono affatto sensibili se “si concedono” solo per esprimere il loro antico bisogno di essere “ascoltate” (cioè accudite). In questo incubo le più comuni lamentele dei “poveri maschi” e delle “povere femmine”, segnalano un reale disagio, ma mirano essenzialmente a non cogliere il nocciolo del problema. I maschi non capiscono che se le femmine fossero davvero libere sessualmente si annoierebbero a morte con amanti orientati a fare ginnastica nel loro letto e le femmine non capiscono che se gli uomini fossero davvero sensibili non ascolterebbero i loro piagnistei pur di fare un po’ di ginnastica.
La sessualità umana, in quanto ricerca attiva del piacere e in quanto apertura ad una soggettività “altra” e intensamente cercata è, nei maschi come nelle femmine, una perfetta fusione di accoglienza e di aggressività, posto che uso il termine “aggressività” nel senso di determinazione ad andare verso un’altra persona e non nel senso di “prevaricazione”. Se maschi e femmine non avessero lo stesso potenziale non incontreremmo mai uomini e donne capaci di manifestare dolcezza e determinazione. Questi casi “atipici” dimostrano l’uguaglianza basilare del desiderio sessuale e della capacità di soddisfacimento sessuale nei due sessi, ma non modificano la realtà delle tendenze prevalenti, dovute presumibilmente a strategie difensive che, per qualche motivo (non ovvio), portano uomini e donne ad evitare o a limitare in modi diversi la loro sessualità.
Con queste considerazioni non voglio negare alcune differenze nella fisiologia dei due sessi che in qualche modo incidono sugli atteggiamenti psicologici (espressivi e difensivi). Al di là dei caratteri sessuali primari e secondari, sono accertate nei due sessi altre differenze, come ad esempio una diversa densità dei recettori della vasopressina (maggiore nei maschi) e di quelli dell’ossitocina (maggiore nelle femmine). Va comunque anche ricordato che la stessa “materia biologica” oltre a modellare l’esperienza è modellabile da questa. Lise Eliot (2009) ricapitola alcune significative ricerche da cui si comprende che le esperienze incidono sugli aspetti strutturali del cervello e che quindi non tutte le differenze cerebrali (peraltro modeste) fra i generi sono imputabili solo ad un immutabile patrimonio genetico. In ogni caso, stento ad attribuire al patrimonio genetico un ruolo centrale nella costruzione delle strategie difensive individuali nei due sessi. In qualche modo, la “seconda catastrofe” e la prima devono essere collegate e probabilmente solo questo terribile collegamento può chiarire per quale motivo ai bambini sia chiesto più un autocontrollo emozionale che sessuale e per quale motivo alle bambine sia richiesto un autocontrollo sia emozionale, sia sessuale. Perché moltissimi bambini indotti a non far chiasso e a non piangere, dopo venti o quarant’anni si sentono liberi di far chiasso alle feste, ma non si permettono di piangere? Perché moltissime bambine indotte a sorridere sempre e a non dare importanza al sesso, dopo venti o quarant’anni diventano musone, ma non cercano il piacere sessuale? Dato che le ingiunzioni genitoriali “generiche” relative alle buone maniere, all’ordine, alla pulizia e ai valori vengono riesaminate criticamente nel passaggio dall’infanzia alla vita adulta e vengono quindi consapevolmente confermate o aggiornate o respinte, come mai le ingiunzioni specifiche relative all’identità di genere vengono tendenzialmente mantenute?
Le ingiunzioni genitoriali relative all’identità di genere sono più “profonde” di quelle relative ai comportamenti socialmente preferibili, perché sono più vicine agli aspetti nucleari dell’identità personale. Inoltre, le ingiunzioni relative all’identità di genere vengono trasmesse ai figli da genitori che esibiscono precisi modelli di genere per esprimere la loro distruttività di coppia. Offrendo questi esempi a bambini e bambine che stanno già strutturando le loro difese psicologiche, suggeriscono in quali modi si possa combattere con efficacia una lotta di potere (accesa o sotterranea) fra i due sessi utilizzando armi specifiche di tipo “maschile” o “femminile”. Tuttavia, queste considerazioni non sono conclusive e non chiariscono la cosa più importante: normalmente maschi e femmine modellano la loro identità personale (non quella sessuale) soprattutto in risposta ai ricatti affettivi delle madri.
I padri, per quanto a volte autoritari, non hanno in genere la “forza” che solo le madri hanno, essendo state per i figli (nel bene e nel male) il primo punto di riferimento sul piano affettivo. Ora, sia le bambine attaccate alle madri, sia quelle “ribelli”, tendono da adulte a manifestare una sessualità inibita, mentre sia i bambini “cocchi di mamma”, sia quelli “ribelli” tendono da adulti a fare sesso con un modesto coinvolgimento emotivo. Tale situazione sembra giustificare l’idea che le madri in qualche modo richiedano ai figli ed alle figlie di rinunciare alla ricerca del piacere, ma che richiedano solo alle figlie di rinunciarvi in modo “radicale”, lasciando liberi i figli di far sesso, almeno “tecnicamente”. Tale ipotesi non spiega però le ragioni per cui le madri siano propense a trattare diversamente i figli e le figlie. Probabilmente un fattore da non sottovalutare è il seguente: al di là di ciò che le madri “richiedono” ai figli ed alle figlie, le madri sono femmine come le figlie. Quindi, le figlie, al di là delle pressioni psicologiche materne, più o meno forti, sono soggette alla fortissima pressione costituita dalla consapevolezza di essere come le madri. In pratica, se gli aspetti genericamente affettivi dell’identità sono influenzati, sia nei maschi, sia nelle femmine, soprattutto dai ricatti affettivi materni, solo le femmine, oltre a costruire un’identità psicologica, costruiscono un’identità sessuale femminile. Ciò rende i condizionamenti materni presumibilmente più forti nei confronti delle figlie, dato che i figli “in fondo sanno di essere come papà”. Ciò può chiarire alcuni aspetti del problema, ma non offre una spiegazione davvero soddisfacente.
Devo almeno accennare ad una teoria che, se davvero dimostrata, spiegherebbe almeno in qualche misura questa “seconda catastrofe” costituita da modi diversi nei due generi di reprimere la sessualità. Elaine Morgan (1972) ha opposto alle teorie ufficiali delle origini della “scimmia nuda” proposte da Desmond Morris (1967) e altri, l’ipotesi che i nostri progenitori non abbiano lasciato la foresta per affrontare la vita nella pianura, ma che per un lunghissimo periodo abbiano vissuto in prossimità del mare diventando animali più acquatici che terrestri. Questa ipotesi ha il merito di spiegare molte cose che le teorie più accreditate spiegano a fatica (la perdita del pelo, l’aumento del grasso sottocutaneo, il lieve spostamento della vagina, ecc.) e suggerisce che i cambiamenti anatomici delle femmine abbiano reso più difficoltoso ai maschi l’accoppiamento “tradizionale”. Sarebbero quindi stati loro a sollecitare l’accoppiamento con la femmina stesa supina e il maschio sopra di lei. Ciò, secondo la Morgan avrebbe reso le femmine meno appagate sessualmente e da ciò sarebbero derivate a cascata molte conseguenze tra cui potremmo oggi aggiungere quella di una diversificazione delle difese psicologiche nei due sessi. Non posso far mia questa ipotesi perché non ho la formazione adatta per esprimere un parere personale e anche perché essa non è stata accettata dagli specialisti della materia. Ho però voluto accennare alla questione perché i libri di Elaine Morgan hanno suscitato molto interesse e hanno avuto una notevole diffusione.
Indipendentemente da qualsiasi ipotesi sulla nostra storia “antica”, resta il fatto che oggi maschi e femmine hanno le stesse potenzialità espressive sul piano sessuale, la stessa capacità di raggiungere l’orgasmo e significative difficoltà a cercare il piacere e l’intimità. Ricapitolando i pochi elementi fin qui considerati, possiamo dire che la “prima catastrofe” ha colpito (e colpisce ancora) indiscriminatamente maschi e femmine nella loro capacità di contatto emotivo e di espressione sessuale. Le differenze anatomiche non possono essere responsabili della “seconda catastrofe” perché la vagina è un organo attivo come il pene e perché il pene non è un’arma, ma una “estensione” fisica dell’apertura emotiva. Le altre (circoscritte) differenze nei meccanismi fisiologici, che rendono le donne efficienti nella gravidanza e nell’allattamento, possono in qualche misura favorire la strutturazione di difese psicologiche più “attive” nei maschi e più “passive” nelle femmine, ma ciò non basta ancora a chiarire le ragioni di una così marcata differenziazione fra una emotività “contorta”, tipicamente femminile, ed una emotività “trattenuta”, tipicamente maschile.
Dobbiamo a questo punto considerare che le antiche o ataviche collocazioni dei maschi e delle femmine nelle comunità primitive possono aver lasciato tracce profonde: non tali da determinare la normale “miseria sessuale”, ma tali da facilitare specifiche tendenze difensive nei due generi, soprattutto agli albori della civiltà e in contesti relazionali già devastati dagli effetti della “prima catastrofe”. Se la “prima catastrofe” ha ostacolato la libertà di desiderare, godere ed amare, il fatto che tra i nostri antenati le donne si trovassero necessariamente molto impegnate nelle gravidanze e nella cura dei figli e gli uomini si trovassero molto impegnati nella ricerca di cibo, può aver in qualche modo reso più facile alle donne ed agli uomini la scelta di specifiche strategie difensive. Le difese psicologiche vengono costruite e quindi scelte, ma sempre a partire da precise condizioni: si capisce quindi facilmente che l’opzione difensiva dello “shopping compulsivo” sia a disposizione delle persone ricche, ma non delle persone disoccupate. Per lo stesso motivo, i nostri progenitori possono aver scelto strategie difensive irrazionali anche sulla base dei vincoli determinati dal loro genere. Imprigionate nella loro capanna, forse le donne hanno trovato più facile dissociarsi dai sentimenti usando altri sentimenti e, “imprigionati” negli spazi esterni alla capanna, forse gli uomini hanno trovato più facile dissociarsi dai sentimenti “facendo cose pratiche”. Si deve ovviamente ipotizzare che tali tendenze non siano state trasmesse geneticamente, ma culturalmente. E si deve essere certi del fatto che senza la “prima catastrofe”, la seconda non si sarebbe realizzata.
Non ho sicuramente la pretesa di ricostruire la storia dell’umanità, ma sto solo seguendo il filo di una fantasia (agganciata però alla storia): senza il “primo disastro” le donne avrebbero potuto fare le madri restando consapevoli del loro desiderio sessuale e gli uomini avrebbero potuto fare i cacciatori restando consapevoli del loro desiderio sessuale ed affettivo. Solo il blocco del pianto, del dolore, della gioia e del desiderio giustifica un inaridimento dell’intimità e se tale inaridimento è stato “inevitabile”, forse è stato più facile che le donne impegnate con i figli tendessero in un lontano passato a rimuginare e a cercare altre donne con cui solidarizzare vittimisticamente; forse nella stessa situazione è stato più facile per gli uomini, costretti a vagare per foreste e villaggi, abituarsi a non pensare troppo e a “sentire poco”, ritenendosi però liberi di muoversi, di combattere ed anche di fare sesso. Le condizioni sociali generano facilmente espressioni culturali e tradizioni culturali. Nessuna condizione sociale produce irrazionalità, ma l’irrazionalità (difensiva) ha caratterizzato l’inizio della cultura e le condizioni sociali possono aver modellato le chiusure emozionali.
Non sono sicuro di aver messo in evidenza i processi più significativi, ma sono sicuro di due cose: a) la paura di elaborare il dolore (e quindi di vivere la gioia e di cercare il piacere) accomuna uomini e donne da sempre, cioè fin dalla “prima catastrofe” (quella “originaria”) e b) fino a tempi relativamente recenti, l’impossibilità di controllare le nascite (e quindi di disgiungere il piacere sessuale dalla formazione di nuclei famigliari) ha costretto le donne ad essere legate ai figli (almeno ai figli piccoli) più degli uomini e ha costretto gli uomini a vivere più “nel grande mondo” che “in casa”. Oggi una donna può guidare un elicottero e un uomo può fare l’infermiere e, soprattutto, uomini e donne possono far sesso senza far figli, ma solo cento anni fa ciò era impossibile. E non per una malevola volontà dei maschi di esercitare i privilegi patriarcali (che includevano anche la possibilità di essere sbranati da una belva feroce o di essere uccisi in guerra), ma per una sfortunata sovrapposizione di due variabili: A) solo le donne potevano generare e allattare e solo gli uomini erano abbastanza forti da fare il necessario per la sopravvivenza del nucleo famigliare e B) sia gli uomini, sia le donne diventavano persone adulte senza aver superato la loro infanzia e quindi diventavano persone adulte oggettivamente incapaci di essere psicologicamente integre e libere.

Credo che questa tragica sovrapposizione delle vicende infantili disastrose per i bambini e le bambine, delle differenze nella fisiologia maschile e femminile e delle necessità legate alla sopravvivenza, abbiano reso le donne propense a dimostrarsi più “deboli” di quanto fossero e abbiano reso gli uomini propensi a dimostrarsi più “forti” di quanto fossero. Sicuramente, senza la “prima catastrofe”, la semplice condanna ad un’esistenza “scomoda” non avrebbe indotto maschi e femmine a rendere tanto scomoda anche la loro intimità. Le ipotesi cervellotiche degli psicoanalisti non hanno avuto riscontri scientifici e la concezione femminista di una violenza maschile subita fin dalle origini da donne “troppo buone” o “troppo stupide” per farsi rispettare non chiarisce la repressione sessuale che affligge entrambi i generi né prospetta un reale (e piacevole) superamento della repressione sessuale.
La specie umana da molto tempo non “evolve” a livello biologico, ma a livello culturale. I nostri pronipoti potranno essere tutti femministi o islamici o appassionati di Paperino e tali cambiamenti non dipenderanno dalla razionalità umana (ormai irrimediabilmente compromessa) o dalla selezione naturale (da tempo superata), ma dalla “selezione culturale” delle idee più irrazionali. Quelle più folli, in una società folle, invadono i giornali, le TV, “la rete”, le università e le piazze. Tale realtà è immodificabile e taglia le gambe a qualsiasi speranza in una “evoluzione culturale” della specie umana. Non credo, quindi, che sussistano le condizioni per una reale “liberazione sessuale” degli esseri umani, ma non ho dubbi sul fatto che l’imperfezione della repressione sessuale che si è consolidata nei millenni rende possibili dei cambiamenti individuali anche profondi. Nella misura in cui i maschi e le femmine accettano il dolore e rinunciano alle difese psicologiche, possono esprimere lo stesso potenziale emotivo e sessuale e possono superare le proprie chiusure. Sia i maschi, sia le femmine, quando si permettono davvero di piangere e di accettare il dolore, sono capaci di cercare il piacere sessuale e di esprimere la loro passione con aggressività e tenerezza. Soprattutto sono capaci di creare intimità e di godere di tale intimità.