Poche persone riescono ad esprimere il loro
punto di vista su questioni legate alla sessualità senza avvertire un vago
imbarazzo. E’ irrilevante che tale disagio rinvii alla paura di apparire come persone “sporche” ad
un’immaginaria platea di moralisti, o di
apparire come persone “malate” ad un’immaginaria platea di “specialisti” o di apparire come persone “retrive e
moraliste” ad un’immaginaria platea di benpensanti progressisti. Poche
persone sentono di poter comunicare cosa preferiscono (e per quali ragioni)
nell’ambito della sessualità, con la stessa libertà che provano quando
esprimono le loro preferenze relative alla frutta di stagione, alla musica o
alle vacanze. Sulle questioni riguardanti la sessualità le persone si sentono
molto vincolate, dato che temono di deludere le aspettative di chi rappresenta
la “scuola di pensiero” a cui si aggrappano, senza nemmeno sapere perché. Le
difese psicologiche danno “forza” alle ideologie più assurde e le ideologie,
sia nelle versioni intellettuali, sia in quelle “popolari”, trasmettono
svalutazioni che danno “forza” alle difese psicologiche.
Sulla masturbazione,
sulla pornografia, sul sesso a pagamento e sull’omosessualità, non ci sarebbe
molto da dire in una società sessualmente libera, ma, purtroppo è necessario
fare alcune riflessioni “insolite” su tali argomenti, dato che viviamo in una
società radicalmente sessuonegativa. In pratica, su tali questioni vale ciò che
Harry G. Frankfurt, un illustre filosofo contemporaneo di indirizzo analitico
ha affermato, utilizzando un termine “poco accademico” ma efficace: “Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la
quantità di stronzate in circolazione. Tutti lo sanno. Ciascuno di noi dà il
proprio contributo. Tendiamo però a dare per scontata questa situazione. Gran
parte delle persone confidano nella propria capacità di riconoscere le
stronzate e di evitare di farsi fregare. Così il fenomeno non ha attirato molto
interesse, né ha suscitato indagini approfondite. Di conseguenza, non abbiamo
una chiara consapevolezza di cosa sono le stronzate, del perché ce ne siano
tante in giro, o di quale funzione svolgano” (2005, p. 11).
Se prendiamo in considerazione la masturbazione e la pornografia non
possiamo prescindere dal fatto che tali temi sono sempre e comunque trattati in
termini etici o, a volte, psicologici. In ogni caso le domande vertono su cosa sia immorale o patologico. Da alcuni decenni la masturbazione è
strettamente collegata ad immagini visive sessualmente eccitanti. Quando ero un
ragazzino, il collegamento fra masturbazione e immagini era ben diverso. Poi le
cose sono cambiate e sia la produzione cartacea, sia, successivamente, quella
cinematografica e quella in rete hanno reso la masturbazione degli esseri umani
molto legata al consumo di materiale pornografico. Il termine pornografia (dal
greco ”prostituta” e “scritto”) rinvia nei dizionari a quello di “osceno” (dal
latino “sudicio”) e presuppone una svalutazione della sessualità.
La masturbazione, proprio in quanto esperienza piacevole per tutti i
bambini, le bambine, i ragazzi, le ragazze e le persone adulte (anche se meno
eccitante e appagante dei rapporti sessuali), è oggetto di repressione e
svalutazione. Non è solo svalutata dalle persone moraliste, ma anche dalle
persone “emancipate” che assimilano la sessualità più al potere che al piacere.
Le ragazze possono definire un ragazzino “segaiolo” per dire che non ha
"successo" con le femmine e i ragazzi già esperti possono usare lo
stesso termine per umiliare i ragazzi più piccoli o timidi. Infatti, la paura
del piacere sessuale genera sia sensi di colpa e timidezza, sia il suo opposto
(apparente): l’orgoglio per la “conquista”. Uomini e donne, in
tali casi, danno più peso alla paura (infantile) di essere “incapaci e deboli”
che alla paura (comunque infantile) di essere “impuri e sbagliati”. Come ho già
chiarito, la vergogna e l’orgoglio hanno le stesse radici e conducono comunque
all’infelicità. In pratica, la masturbazione (o autoerotismo o onanismo) è
quasi sempre considerata da qualcuno “una cosa sbagliata” e ciò non ha
ovviamente alcuna giustificazione razionale: nessuno deve giustificarsi se è
andato al cinema da solo anziché con gli amici e nessuno dovrebbe
ragionevolmente sentirsi a disagio se ha fatto sesso per conto proprio in
assenza di un/una partner. Ciò vale per i maschi e per le femmine, ovviamente,
anche se le femmine praticano l’autoerotismo meno dei maschi (e in genere
utilizzano anche meno materiale pornografico). La svalutazione
dell’autoerotismo ha quindi come unica spiegazione la svalutazione del
piacere sessuale in generale. Poiché la sessualità adulta è spesso svalutata
quando non ha “scopi ulteriori” (la procreazione, la formazione di una famiglia
o l’amore “romantico”), l’autoerotismo è necessariamente squalificato.
Se lasciamo da parte il problema della svalutazione, abbiamo ben poco da
dire sulla masturbazione e solo due aspetti psicologici meritano di essere
menzionati. In primo luogo, la masturbazione dipende dal fatto che il desiderio
sessuale ha un proprio corso (e precise determinanti biochimiche) e si
manifesta anche in assenza di una specifica sollecitazione indotta da una
particolare persona. In secondo luogo, la diffusione della masturbazione è
proporzionale alla diffusione della repressione sessuale. Nelle isole Trobriand
(Malinowski, 1927) gli/le adolescenti potevano avere rapporti sessuali
accettati da tutta la comunità e quindi non ricorrevano alla masturbazione come
gli/le adolescenti della nostra cultura. Inoltre, poiché il disprezzo per il
piacere era semplicemente inconcepibile, gli adulti sperimentavano una
soddisfacente relazione di coppia e, se si separavano, non erano costretti a
selezionare un nuovo/una nuova partner fra tante persone sessualmente
“complicate”, come nella nostra cultura “evoluta”. Ora, nella nostra cultura, i
bambini e le bambine subiscono interventi repressivi se giocano “al dottore”,
gli/le adolescenti sperimentino sia i
divieti dei genitori sia molti
rifiuti irrazionali nel gruppo di cui fanno parte e gli adulti costruiscono
relazioni di coppia che diventano spesso degli incubi. Tali fatti sociali e
culturali determinano un normale livello di solitudine individuale che non
corrisponde alle potenzialità delle persone e che determina, quindi, anche un
elevato livello di autoerotismo. In un pianeta di persone sessualmente non
represse, i siti porno avrebbero meno visitatori dei siti di astrofisica.
Trattando il tema della
masturbazione e quello della pornografia, non dobbiamo ovviamente considerare
certe loro particolari (anche discutibili) declinazioni. E’ comprensibile che
una persona che passa tutto il tempo libero a masturbarsi abbia qualche
problema e va riconosciuto che certi siti erotici sono decisamente di cattivo
gusto e si rivolgono a persone le cui fantasie riflettono più che altro impulsi
sadici. Questi fatti, però, sono in genere strumentalizzati
per giustificare atteggiamenti svalutativi nei confronti dell’autoerotismo e
della pornografia in generale. Non ho mai incontrato una persona abituata a
fare prediche sulla “piaga” della pornografia che fosse capace di distinguere
le immagini o i siti che trovava sgradevoli e quelli che considerava gradevoli
ed eccitanti. Il disprezzo, per quanto abbellito da “pensieri elevati”, resta
una manifestazione della paura. In fondo, le persone tradizionaliste sono più
oneste intellettualmente delle persone che hanno assorbito ideologie
sessuo-affermative o femministe e che utilizzano “idee nuove” per manifestare
la loro insofferenza per il piacere sessuale.
Dopo queste premesse è
forse possibile fare qualche riflessione ragionevole sulla masturbazione e
sulla pornografia. Prima di tutto, occorre sottolineare che proprio il disinteresse per la masturbazione
da parte delle persone sole è da considerare un sintomo e quindi una auto-repressione
e una difesa psicologica. Le persone sole (donne o uomini) che non sentono
l’esigenza di masturbarsi (ed anche di elaborare il dolore di non poter, al
momento, fare di meglio) sono rassegnate ad una “tranquillità” che riflette
forti dissociazioni dal desiderio sessuale. Si interessano, quindi, solo a
tutte le cose (sensate o insensate, intellettualmente intriganti o banali) che
non fanno correre il rischio di sentire una mancanza. Sono talmente
prese da queste cose che non sono proprio in contatto con la loro sessualità e
con la mancanza di un/una partner compatibile e disponibile. Se in queste
condizioni psicologiche tali persone arrivano a formare un nuovo legame di
coppia, continuano, in tale relazione, a non sentire un intenso desiderio
sessuale. Se vengono coinvolte in attività erotiche, partecipano, ma sono
“altrove”; sono “sempre là”, nella loro prigione rassicurante. Anche le persone
sole (donne o uomini) che sentono l’esigenza di masturbarsi e si sentono pienamente appagate dalla loro
“autonomia” erotica, attivano delle forti difese psicologiche. Si concedono la
sensazione fisica del desiderio sessuale, ma si impediscono di sentire il
desiderio di un contatto emotivamente intenso con un’altra persona.
Tali persone si pongono un obiettivo facilmente realizzabile, trovano appagamento
e riprendono la vita di tutti i giorni che, però, non è la loro vita.
La
masturbazione consente il raggiungimento di un appagamento sessuale simile a
quello del rapporto sessuale, ma ogni esperienza sessuale solitaria è anche l’esperienza di una mancanza. Allo
stesso modo, le persone possono attuare su una panca i movimenti del nuoto, ma
non possono provare il piacere di muoversi nel mare o in un lago o in una
piscina. Sulla panca, ogni bracciata impeccabile rafforza la consapevolezza
dolorosa della mancanza dell’acqua. Ovviamente chi non conosce la sessualità
perché ha bloccato “a monte” i desideri ed anche il corpo, può non cogliere le
differenze fra la masturbazione e la sessualità manifestata in una relazione,
ma ciò non significa che le differenze non esistano. E’ possibile raggiungere
l’orgasmo (e non solo un acme) nella masturbazione, ma un orgasmo “incompleto”.
Ho già chiarito che l’orgasmo non è riducibile ad una scarica motoria
dell’eccitazione e quindi non dipende solo dalla mancanza di blocchi fisici: è
una resa alle proprie sensazioni ed
al/alla partner. Una persona sessualmente libera può quindi avere un
orgasmo anche nella masturbazione, lasciandosi andare al piacere, nonostante la
tristezza di essere sola, ma non può “lasciarsi andare al/alla partner”,
semplicemente perché il/la partner non c’è. Ovviamente le cose vanno meglio nei
casi in cui l’altra persona c’è anche se non è fisicamente presente: la
masturbazione praticata (da uomini e donne) utilizzando il telefono o Skype,
per condividere l’eccitazione con la persona amata, che magari si trova in un
altro angolo del pianeta, nonostante i limiti inevitabili, ha un “sapore” molto
diverso da quella praticata in completa solitudine.
Secondo il modo di
pensare comune ed anche secondo le concezioni “scientifiche”, la masturbazione
consiste nel provare piacere sessuale manipolando i propri genitali. Questa
definizione è incompleta, e quindi scorretta, perché anche in molte relazioni
di coppia le persone fanno sesso solitario interagendo superficialmente
con una persona. Qui tornano utili le considerazioni già fatte sulla sessualità
come trascendenza, come via d’uscita dalla prigione della soggettività. La
definizione comune di masturbazione è scorretta perché coglie solo l’aspetto
fisico della masturbazione. In molte relazioni di coppia, purtroppo, i due
soggetti fanno sesso inseguendo sensazioni private e circoscritte che hanno ben
poco a che fare con la persona con cui interagiscono fisicamente. A mio parere,
quindi, la masturbazione sperimentata senza dissociazioni è caratterizzata dal
desiderio sessuale ed anche dalla
mancanza sentita, accettata e quindi dolorosa di un/una partner, mentre la
masturbazione difensiva è costituita dall’autoerotismo dissociato dalla
tristezza praticato in solitudine o con
un/una partner. Infatti, le relazioni sessuali più insoddisfacenti sono proprio
quelle in cui le persone si masturbano fingendo di fare sesso o di fare
l’amore.
La masturbazione, pur
coinvolgendo ovviamente organi sessuali diversi, ha le stesse caratteristiche
nei maschi e nelle femmine e può essere o non essere associata, in entrambi i
sessi, all’utilizzazione di immagini pornografiche. Non a caso esistono anche
siti erotici dedicati alle donne che, solo per quelle differenze non genetiche
ma dipendenti da processi difensivi e culturali a cui ho già accennato, sono
visitati meno di quelli indirizzati ad un pubblico maschile. Vale ovviamente
anche per le donne la compresenza di gioia e tristezza nell’esperienza
solitaria del piacere sessuale. La
miglior definizione di “masturbazione” è quindi quella di “appagamento
gioioso in una situazione triste”. E’ ragionevole che si masturbino
i giovani che non hanno ancora fatto esperienze di sesso e che si masturbino
gli adulti nei periodi in cui non hanno più un/una partner e non ne hanno
ancora un altro o un’altra. Capita pure che gli adulti si masturbino pur
mantenendo una relazione di coppia in cui il sesso è “concesso” dal/dalla
partner raramente. In questi casi, la masturbazione è ragionevole, ma non lo è
affatto se è concepita come un modo per non riconoscere che la relazione di
coppia è insoddisfacente e richiede chiarimenti e cambiamenti.
Se la masturbazione è preferita alla sessualità
liberamente espressa con un/una partner ha una valenza difensiva: la rinuncia
ad un piacere intenso e ottenibile si spiega solo con la prevalenza della
rabbia difensiva o della paura difensiva o di un miscuglio di queste due
emozioni. La preferenza per la masturbazione può, ad esempio, dipendere da una
svalutazione di sé che disturba tutti i rapporti interpersonali e rende quindi
impossibili quelli più intimi, oppure può dipendere da una prevalenza di
fantasie distruttive legate al sesso che rendono le fantasie sessuali
inattuabili. La masturbazione non difensiva risulta quindi in generale un “male
minore” inteso come “il massimo bene possibile” in circostanze frustranti. La
masturbazione reciproca è un gioco dei bambini che rientra nella graduale
scoperta della sessualità e può essere anche uno dei tanti giochi sessuali fra
adulti. Spesso, nella masturbazione possono affiorare con particolare intensità
fantasie sessuali parziali, riduttive, “regressive” che nei reali rapporti
restano marginali o hanno spazio nei preliminari senza disturbare la crescita
dell’intimità. Ciò dipende dal fatto che nella masturbazione, in genere,
mancano le sollecitazioni più forti e significative costituite dalla presenza
reale di una persona reale, realmente coinvolta e coinvolgente. La “eccessiva”
presenza di fantasie extragenitali si verifica soprattutto quando la
masturbazione è associata all’uso di materiale pornografico, proprio perché
tale “materiale” è “irreale” a livello relazionale e quindi, deve
“sovraccaricare” tutti i dettagli che in una relazione reale hanno un ruolo
marginale.
La
“base” della pornografia è costituita dall’offerta di un contenuto erotico
“impersonale”: quindi di immagini del corpo e soprattutto di certe parti del
corpo. Il secondo aspetto è costituito dall’atteggiamento “invitante”. Spesso le
persone che non sono sole, ma si masturbano e utilizzano immagini
pornografiche, stanno con un/una partner respingente o disponibile ma non complice. La complicità nella
ricerca del piacere conta molto e conta anche più della bellezza “oggettiva”
della persona desiderata. Nella pornografia l’atteggiamento invitante non può
essere sincero, ma è ben recitato. Ciò che vale per la masturbazione, vale
quindi anche per l’utilizzazione di immagini pornografiche nella masturbazione:
è presente la ricerca di un appagamento possibile nel quadro di una situazione
dolorosa. Purtroppo la pornografia include spesso un “di più” che ha ben poco a
che fare con il desiderio sessuale. Tutte le rappresentazioni umilianti o
svalutanti della sessualità sono “anti-sessuali”, cioè disturbano il percorso
dell’eccitazione in una persona che cerca davvero il piacere. Possono invece
aumentare l’eccitazione o addirittura risultare particolarmente eccitanti se la
persona canalizza nella sessualità illusioni di potere, che possono tradursi in
fantasie di umiliazione. Quando fantasie disturbanti per la sessualità
risultano tollerabili o gradite, la persona che utilizza materiale pornografico
non cerca realisticamente una soddisfazione comunque preferibile all’astinenza,
ma cerca “altro”, e sessualizza la propria ansia/rabbia reprimendo quindi, di
fatto, quel po’ di piacere sessuale ottenibile nei momenti di solitudine.
E’
ovvio che la presenza ingombrante di materiale pornografico di cattivo gusto e
anche avvilente non giustifica le svalutazioni dei moralisti che sottolineano
tali risvolti della pornografia solo per squalificare la masturbazione e il
piacere sessuale in generale. Il moralismo colpisce anche le persone che
lavorano nella “industria del porno”, così come colpisce le persone che fanno
sesso a pagamento. Al di là dei pretesti utilizzati, chi disprezza queste
persone manifesta un rifiuto di considerarle come persone reali, perché nella
realtà svolgono un’attività che risponde ad esigenze ben precise generate
proprio dal moralismo e dalla repressione della sessualità. In questo ambito,
come in tutti gli altri, i moralisti confondono ciò che soggettivamente li
turba con qualcosa di oggettivamente inaccettabile e soprattutto non
interpretano i propri turbamenti come difese psicologiche.
La versione più recente del moralismo che colpisce la pornografia e le persone
che lavorano nel settore non si manifesta con condanne esplicitamente etiche o
religiose, ma con l’indignazione nei confronti della concezione “maschilista”
della “donna-oggetto”. I gruppi femministi non concepiscono affatto la
possibilità che le donne (e gli uomini) possano essere oggetti sessuali, perché
tale possibilità presuppone un’idea positiva del piacere, del desiderio
sessuale e dell’intimità. Evidenziano il fatto (ovvio) che nella pornografia le
donne (e pure gli uomini) si offrono solo
come oggetti sessuali, ma ciò dipende dal fatto che la pornografia
interessa proprio chi non ha un/una partner. La pornografia non costituisce un
“modello ideale” alternativo ad un rapporto intersoggettivo, ma offre uno stimolo
“impersonale” a chi si trova in una situazione di solitudine. In tutti i rapporti impersonali le persone
sono trattate come oggetti: anche gli intellettuali nelle conferenze si offrono
come oggetti utilizzabili da chi
vuole approfondire certe materie e non si offrono come amici. Le conferenze
colmano vuoti di conoscenza e la pornografia colma vuoti di stimolazione
erotica e chi svolge tali attività “espone” solo il proprio cervello o solo il
proprio corpo per motivi professionali e non per alimentare una concezione
riduttiva di sé o dei rapporti umani in generale.
In
realtà l’idea femminista del “corpo-oggetto” è più articolata, ma solo in
quanto implica aspetti più sottili della stessa confusione: implica che il
desiderio sessuale maschile in quanto
tale sia un desiderio “rozzo” rivolto ad una donna percepita come corpo e
non come persona, e implica che il desiderio sessuale femminile in quanto tale sia invece un desiderio
rivolto ad una persona concepita nella propria interezza. Ciò è falso. L’uomo
realmente rozzo che vede nella partner sessuale solo un oggetto, è, purtroppo, normalmente
ricambiato negli stessi termini, perché se la donna in questione non avesse lo
stesso atteggiamento, oppure non volesse subire quella svalutazione per
sfruttare in altri modi (economicamente o psicologicamente) il (pessimo)
partner, lo respingerebbe. Una donna realmente interessata al sesso e anche ad
un rapporto limpido e personale nel contatto erotico non si fa mai trattare solo come un oggetto perché sceglie
soltanto partner capaci di trattarla sia
come oggetto sessuale (cosa sempre gradita), sia come soggetto attraente, intrigante, desiderabile sul piano
psicologico e anche amabile. In pratica, quindi, le pornostar (ed anche i
maschi occupati nel settore della pornografia) si propongono come
oggetti sessuali sulle riviste o nei siti porno semplicemente perché, avendo
scelto di fare un lavoro rivolto a persone sole e sessualmente frustrate,
offrono ciò che in quell’ambito può essere offerto.
La pornografia è
prevalentemente consumata da un pubblico maschile non a causa di un “peccato
originale” culturale etichettabile come “maschilismo”, ma perché la repressione
sessuale, come ho già chiarito, incide diversamente nei confronti dei due sessi
e rende la masturbazione femminile meno frequente di quella maschile. Non è
terribile che i maschi soli provino dei desideri sessuali e “si arrangino come
possono” per placare la tensione, ma è terribile che spesso sentano poco la
mancanza di una intimità emotiva. Allo stesso modo, non è terribile che le
femmine sole provino un desiderio di intimità affettiva, ma è terribile che
spesso sentano poco la mancanza di una intimità sessuale. Il fatto che una
buona fetta della sessualità sia caratterizzata da sensazioni confuse e
fantasie difensive non rende la masturbazione un sintomo e il fatto che una parte della produzione pornografica risponda a desideri difensivi anziché
limpidamente erotici non rende le persone che lavorano nel settore della
pornografia delle persone indegne di rispetto.
La frequenza dell’autoerotismo e la diffusione
della pornografia dipendono da complessi processi educativi,
relazionali e sociali caratterizzati dalla svalutazione e dalla repressione
della sessualità, del contatto emotivo e della gioia di vivere. Proprio il moralismo genera i fenomeni
che condanna come se fossero sorti dal nulla e c’è davvero qualcosa di perverso
e inquietante nell’ostinazione delle persone moraliste a disconoscere le
conseguenze della loro distruttività.