In
questo lavoro sulle ragioni dell’irrazionalità ho dovuto trattare questioni
molto diverse perché l’irrazionalità si manifesta nel dialogo interno, nelle
relazioni interpersonali, nella cultura e nell’organizzazione sociale. Il filo
conduttore che collega i temi presi in considerazione è costituito dalla distinzione
tra ciò che le persone fanno per esprimere le loro potenzialità e ciò che fanno
per dissociarsi dal dolore che attraversa la loro vita. Tenendomi ben ancorato
a tale distinzione da un lato ho
potuto esaminare varie questioni senza affermare alcuna concezione speculativa
e da un altro lato ho potuto
analizzare le illusioni che caratterizzano le più comuni concezioni della
realtà, del comportamento umano e della convivenza sociale. Facendo tesoro
della filosofia della scienza e assemblando alcune idee preziose sbocciate
nell’ambito confuso della psicoterapia, ho mostrato che abbiamo già a nostra
disposizione gli strumenti concettuali necessari per capire perché le persone normalmente
agiscono in modi irrazionali. Non utilizziamo tali strumenti solo perché sono
scomodi: per spiegare l’irrazionalità dobbiamo capire le difese psicologiche
dal dolore e dobbiamo, quindi, confrontarci con il dolore.
Anche
se il dolore è ineliminabile nell’esistenza umana, le nostre capacità lo
rendono tollerabile e ci consentono l’esperienza della felicità di esistere. La
precarietà dell’esistenza umana non è un problema, ma un fatto. Un fatto che,
nella sua tragicità, rende ancora più forte il nostro bisogno di intimità, di amicizia
e di collaborazione, perché ci rende fratelli nell’impresa di costruire storie
personali soddisfacenti in una grande storia condivisa. Purtroppo, gli esseri
umani sono determinati a non riconoscere e a non elaborare il dolore che
attraversa la loro vita reale perché nell’infanzia, non potendo contare
sull’accettazione incondizionata dei genitori, iniziano ad evitare il contatto
con il dolore e negli anni successivi si dedicano, quindi, a vivere “poco”.
Il
dolore caratterizza l’esistenza umana. La tendenza a non pensarci, la ricerca
di una “realizzazione personale”, l’attaccamento a stati d’animo ansiosi o
rabbiosi e le aspirazioni al “benessere psicologico” non cambiano questo fatto.
Abbiamo bisogno di accettare questo fatto perché siamo capaci di elaborare il
dolore e perché così possiamo risparmiarci tutto il dolore inutile che normalmente
creiamo per “scordare” il dolore inevitabile. Se rinunciamo alle illusioni
costruite nell’infanzia possiamo vivere umanamente l’avventura della nostra
vita.